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La sindrome del meraviglioso
Cipriano Pagano. Autoritratto
Da ragazzo mi sentivo inutile. Gironzolavo a vuoto. Avevo la sensazione di essere trattato dai grandi come un intralcio, come un peso inutilizzabile, sgraziato, sempre tra i piedi. E sì che avevo una gran voglia d’essere messo alla prova. Appena ho potuto, poi, alla prova mi ci sono messo da solo. In questo senso credo che mi metterò in croce sino all’ultimo dei giorni. Peccato che chi ha la sfortuna di vivere a lungo con me, lamenta che sono uno che non si da tregua, che non dà tregua! Moglie e figli , poverini si considerano vittime del mio “rigore”, della voglia di fare, strafare e ricreare, che a detta loro rompe, non fa respirare, non è riposante. E devono pur averla qualche ragione se godo fama di “difficile”. Per la verità da sempre mi spazientisce l’infingardaggine, l’enorme quantità di tempo che prendono gli altri per fare delle cose da compiersi con buona lena in quattro e quattr’otto. I pigri dicono che io non sono normale, che ho la classica marcia in più. Ammetto che l’ignavo mi dà sui nervi perché di solito lo è pure negli affetti, pure verso se stesso. Parlo dell’abitudinario, è ovvio, di chi rifiuta il suo apporto alla società, non di chi soffre e non parla e se ne sta da solo e non prende parte alla vita di gruppo.
Sono fuggito e tornato da Gomorra dove la terra da un momento all’altro può prendere fuoco come un fiammifero, per mia scelta, quasi per un richiamo atavico nell’acquitrinosa valle dei Mazzoni.
La grande città indifferente mi annoia, E’qui che la lotta per la sopravvivenza è cruenta, è qui che ci si sente vivi col pericolo incombente. Fremiamo all’acume che svela le miserie di cui siamo intrisi. Invece le parole dei fannulloni sono baciate da labbra svogliate, da voce appena dette, impigrite, imbavagliate dal torpore, dal calduccio dell’alcova.
La vita finora è trascorsa nella tensione fra un traguardo e l’altro che mi davo da solo. Non ho avuto tempo di annoiarmi e già questo mi sembra un buon risultato. E, anche se non lo ammetteranno mai, credo che con questo rompiballe i miei non avranno avuto tempo di annoiarsi neanche loro.
Mae culpa! Ma a voi forse ne recito solo una parte l’altra la confesserò al Padreterno: Amarezze? Tante. Soddisfazioni? Qualcuna. Tutto sta a recepirle nel loro significato profondo e sapersene accontentare. Altrettanto complicato fu ricondurre all’ovile coniugale la pecorella ( si fa per dire) cui occorse fuorviarsi per riadeguarsi a siffatta eccezionalità (me). Momenti così ti ripagano di una vita. Risvegliano in te la sindrome del meraviglioso. La dimensione da perseguire, nonostante le premesse raggelanti, la felicità di cui si assaporano sprazzi illuminati a lampi. L’armonia, distaccarsi da sé, non prendersi sul serio anzi giocare sul serio con il serio. Rifuggire l’ingiustizia e l’aggressività e tutto quanto vi è di basso, piccolo e meschino. E se proprio vi punge vaghezza di felicità a tutti i costi, lasciate ad altri le complicazioni del meraviglioso …Datevi ai bagordi
Autore: Calcio2.ce
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Victor Brauner– Le ver luisant, 1933 (nato il 15 giugno del 1903 a Pietra Neamte morì a Parigi, il 12 marzo1966 pittore rumeno)
Polarità
Con la corda del mio cuore
legai la notte e il giorno:
e i loro innocenti colori stillavano luce,
fino a svenire lottai per tenerli insieme.
E sognai di legare il moto della terra.
Sognai di inseguire tutto l’amore
e stringerlo forte insieme
e poi teneramente circondarlo
di fossi, di foreste e di castelli.
Fino a scoppiare sognai di te
fino allo sciupio delle mie forze
fino a spaccare ogni legamento
di questo fuoco che dentro mi divora.
Quando rinvenni trovai la notte
e trovai la rotondità del giorno
non più raccolti insieme
ma spavaldamente separati.
E trovai l’amore sciolto, non più imbrigliato,
libero di andare, col corpo, alla sua vita,
non legati insieme come siamesi
coll’unico boccale per il respiro
ma distaccati e sciolti come il giorno
e come questa notte solatia
che circonda e noi troviamo bella:
così l’amore che sciolse vibra
nell’esile orma del suo cammino
e niente ci avvolge se non quest’ombra
che di fievole profumo essa ci veste.
Ma il viscerale desiderio resta
Autore:Calcio2.ce
Nota dell’Autore
Due amanti anche quando si cercano perdutamente non potranno mai integrarsi perfettamente l’un l’altro perché ambedue hanno una vita propria, un loro vissuto, una vita biologica separata per cui esisterà sempre polarità in quanto l’integrazione che ne risulta sarà minima e povera rispetto al resto della vita che si vive fuori dall’altro.
Alla poesia rimane la chiave di raccontare la relatività di tale rapporto e dell’incapacità dell’uomo di stabilire un forte vincolo di unione; ma nello stesso tempo la poesia è tesa a raccogliere quei frammenti, quei sentimenti, che a volte proviamo, di essere un tutt’uno per quella voglia viscerale di possesso, di appartenenza.
E alla base di tutti questi desideri, questi pensieri travolgenti di voglia di vivere in modo coinvolgente un rapporto di coppia, vorremmo trovare un comune terreno di simbiosi.
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Mozart- lacrimosa
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Ho perso tutte le battaglie della vita.
Non mi resta che piangere
Sulle curve spalle del giorno
o ridere nel velo turchino del cielo
e affondare il viso nella ruga dell’arcobaleno.
Ho scelto di ridere delle mie ferite
del mio nudo amore a me prezioso,
e ho scelto te, fiore della vita, edera tenace,
abbandonata su questo muro sbrecciato
crivellato dal buio e dal silenzio,
sulla cui cima un istrice ristagna
con denti aguzzi e d’affilate unghie
che mani ingorde hanno posto a sentinella.
Oltre quel muro ombroso ride pure il sole
quando esce a calzare il giorno e fa le fusa
sul mio corpo alzato a celebrare
il Divino Mistero della vita
Autore:Calcio2.ce
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