Stiamo ancora esultando per la nostra Nazionale che ci ha regalato emozioni uniche, ma nelle stesso tempo con atleti spesso stranieri si sta svolgendo il Tour de France che guardo con passione perché oltre alla gara assisto ad una splendita “gita” turistica che offre la possibilità di ammirare castelli, paesi e città spesso con bellissime riprese dall’alto, montagne, scorci che non sempre sono visibili nei grandi documentari.
Ammiro questi gladiatori moderni, giovani che si “mangiano” in una giornata oltre 200 km su due ruote, gettandosi nelle discese a quasi 100 chilometri all’ora e attraversando pianure più velocemente di un motorino.
Non temono la pioggia, il freddo delle grandi vette e il caldo insopportabile di Luglio.
Quest’anno per la balordaggine di qualche spettatore ci sono state cadute impressionanti e dato che viaggiano normalmente in gruppo, uno accanto all’altro quasi sfiorandosi, basta che uno perda l’equilibrio ed è uno spaventoso domino, una caduta di birilli e ti rendi conto che cadere da una bicicletta ad oltre i 50 chilometri l’ora è estremamente pericoloso.
La pedalata è continua, lo sguardo fisso sulla salita, ogni tanto si mangiano una barretta o bevono accorti dalla borraccia.
Quest’anno ci sono state escursioni termiche tremende, sulle vette si procedeva al di sotto dei 10° e nelle pianure si lambivano i 40°, ecco perché li chiamo gladiatori, uomini d’acciaio.
Quando raggiungono il traguardo con le braccia levate al cielo e si tolgono casco e occhiali ti accorgi che sono poco più che ragazzini.
Sport antico anche se praticato ora con biciclette supertecnologiche, elettroniche, con telai in carbonio 7000, freni a disco, pneumatici turbo, che se le avessero avute Coppi o Bartali chissà quali imprese potevano realizzare, una cosa è certa è rimasta la stessa fatica, lo stesso sudore, la stessa volontà spesso sofferente di vincere o di dire a se stessi “comunque ce l’ho fatta !”
Franco
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