RICORDI DI CACCIA Un giorno ormai lontano con gli amici a caccia me ne andavo. Come d’uso ormai da tanto tempo, la squadra s’organizzava e la battuta di caccia iniziava. Tra una schioppettata e l’altra allegramente per la campagna si vagava aspirandone i profumi delicati che le nari appagavano ed il cor d’allegria colmo rendeano. Già nel carniere alcune prede avea quando all’improvviso sul limitare d’un filar di vite, dai colori dell’autunno ramato, davanti a me una beccaccia si parò. La guardai ,mi guardò. Il fucile già spianato le puntai, ma quegli occhi a me trafitti di sparare m’impedirono. Con la voce le gridai, volò via e tra gli alberi fulminea sparì. Disegno era del fato che quel dì la mia vita di cacciator segnò. Tra i filar d’ulivi camminavo, quando un tordo sul ramo si posò e lo sguardo mio incrociò. Di sparare il coraggio mi mancò Ed il tordo, assai perplesso ,via volò. Tornai a casa, con l’animo turbato, Il carnier posai e le prede mie osservai. Nell’inerzia della morte mi gridavano chiedendomi il perché di tanta disumana crudeltà. D’allora il fucile, sempre lustro, bella mostra di sé fa nella vetrinetta. Lo guardo e mi ricorda giorni felici trascorsi in compagnia degli amici. Il ricordo ormai è assai lontano ma a caccia virtuale ancor vado. Mi piace osservar nell’aere il volo degli uccelli, che con le evoluzioni loro il ciel riempiono e l’alma colmano di splendide emozioni.
Mare infinito, nella notte nera come come l’ebano. Ingoi senza riconoscere, prendi bambini, uomini. Mamme, con ventri non ancora svelati. Con timore salgono su quei gusci di noce, in cerca di libertà, in cerca di vita nuova, vagano in balia di scafisti senza cuore. Sulle tue onde confidano. Nelle tue profondità si spezzano le speranze che illuminavano le partenze. Arriva ancora dolore in quell’isola dorata. Molti uomini, aiutano persone, che con braccia alzate cercano aiuto, lo trovano in loro, nel loro essere lampedusani amanti di un mare duro, che da loro da vivere. Questa notte niente pesca, solo dolore. Sacchi allineati sulla spiaggia, dentro molti corpi che non avranno nome. Dolore, difficile contenerlo, difficile raccontarlo, ancora più difficile sarà dimenticarlo.
Com’è strano il cielo in questo giorno di settembre… Nuvole grigie e rosa, in quest’alba si rincorrono, si allargano, si riuniscono. Il mio pensiero vola, con loro. Frammenti di ricordi, pezzetti di carta soffiati dal vento, spezzoni di film, brani di vecchie canzoni si affacciano alla mia mente… (Sapore di sale… le mille bolle blu… guarda che luna…) Com’era bella, la nostra estate! Il nostro essere così uniti, bastavano poche cose, per renderci felici. I nostri bimbi… le corse sul bagnasciuga, i castelli di sabbia, la ricerca delle vongole e poi la festa di una bella spaghettata! Com’era bella, la nostra estate! I picnic con un mondo di amici, il mio goffo rincorrere il pallone, il tuo prendermi in giro.-(“mamma è negata!”). e sorridevi… Poche le tue parole: bastava un tuo gesto a renderle inutili, eri il mio “Orso”, eri parte di me. Com’era bella, la nostra estate. La nostra gioventù, com’era bella…allora…