‘a ballava o can-can in ti’ varietæ in te’ periferie de’ grandi çittæ. A l’aiva due gambe che paivan colonne, a l’ea linvidia de tutte e donne. a sœ’ ambission a l’ea Brodvei ma sœ’ mammà a n’œva savei: “t’e ‘na creatua, te’ troppo piccinn-a, ho puia che poi ti me torni pinn-a. i’ Americhen sono furbi, son ricchi, fregan e figge con un müggio de trücchi, te offran palanche, fiori e profümmi n’ bella vitta, vesti e costümmi te invexendan con belle parolle poi magari han môgge e prolle cosci ti arresti da sola co-a pansa …manco e palanche pe’ pagate a stansa. ….giusto e palanche!!…..comme ti vivi? speravo sempre che ti me o divi, oua guagno discreto, guagno benin da quande travaggio in te un casin.
traduzione
Ballava il can-can nei varietà nelle periferie delle grandi città Aveva due gambe che sembravano colonne, era l’invidia di tutte le donne. La sua ambizione era Broadway ma mia mamma non ne voleva sapere “ho paura che poi mi torni incinta”. Gli americani sono furbi, son ricchi, imbrogliano le ragazze con un mucchio di trucchi, ti offrono soldi, fiori e profumi ti confondono con belle parole, poi magari hanno mogli e prole, cos’ rimani sola con la pancia …neppure i soldi per pagarti la camera. ..a proposito di soldi!! come vivi? speravo che me lo dicessi! ora guadagno discretamente, guadagno benino, da quando lavoro in un casino!
E adesso facciamo quattro sane risate con questa divertente poesia che ci manda il nostro amico Antonino.
Ricordo ancora, quando t’incontrai, mi colpirono i tuoi occhi le forme del tuo corpo; fu subito amore, amore a prima vista. Dicesti che ti piace il mare anch’io ne sono innamorato, e adesso faccio il facchino, trasporto sdraio ed ombrellone, lungo la spiaggia. Anche in cucina non sei una cima, ma io, amore mio, son sempre pronto, a sacrificarmi a preparare quei manicaretti che come per magia, scompaiono tra le tue fauci. Così le tue forme, un pò alla volta, si allargano. rendono immenso il nostro amore. Almeno quand’è notte, posso scatenarmi, sesso a più non posso, peccato che quel tuo perenne mal di testa, ci costringa all’astinenza. Ricordo ancora quel giorno, malgrado siano passati anni, e penso di doverti dire una cosa importante. un pensiero maturato già da tempo sinceramente, amore mio, credo che sia ormai ora che tu vada a quel paese.
Via dal caos, dalla città, la grande bolgia, fiumi di catrame, dove, novelli Caronte, vaghiamo disperati, tra gabbie di cemento, simili ad arnie, consumiamo l’esistenza. Non c’è nemmeno il tempo per sognare. Via, lontano, perduto tra cielo e mare respiro la mia libertà. Lievi tutti i miei sogni ritrovano lo spazio, lascio che siano le onde a cullare l’anima, che sia la brezza, a portarti i miei sospiri.