Ieri sera all’ospedale di La Spezia si è spento Giovanni Giudici, uno dei maggiori poeti italiani della seconda metà del novecento. Ho avuto il privilegio di essergli amico, abitavamo in due appartamenti attigui alla Serra di Lerici e nelle torride giornate estive si chiacchierava nelle piazzette assolate. Lesse le mie prime poesie e con fraterna sollecitudine mi spronò a continuare.
Era un ligure dalla battuta arguta di una cultura e di una intelligenza rara, combattuto sempre tra una cultura cattolica ed una pulsione marxista.
Troverete nei giornali tutto sulla sua vita di poeta, di scrittore e di giornalista, con affettuosa commozione credo più opportuno poporvi qualche sua poesia.
Quelle che faccio seguire sono prese dal libro “Quanto pensa di campare Giovanni”, non tutte di facile lettura:
Brevi lucignoli
Quale importanza dare
Alla piccola storia individuale?
Brevi lucignoli – una breve area
Scavare a fondo ,dipanare i fili
Brevi istanti tacendo brevi sospiri
E non che non si possa quel poco
Ma riportando a un prima o dopo,a un più in là
Il circoscritto e quel che circoscrive
A immani anime morte
Le modeste tue care anime vive
Ecco che indecifrabile si fa
Il disegno del mondo in matto mutare
E siamo abitatori del tenue polinomio
Preceduto da segno negativo
Dove quando aboliamo
Un muro una parentesi
Il più diventa il meno e questo il più
il no è l’affermtivo
Così mentiscono in questa
Inevitabile algebra i negozi quotidiani
Il far l’amore uccidere e rubare
E adorare gli idioli e sperare
Speranze non nostre e pensieri di schiavi
Pensando che ci dicono liberi
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Casa estrema
Decrepita
Al primo scorgerla – eccola
Un lindore di muri adesso un lusso
Di legni e il sole
Quasi non oso guastarla in parole :
Lei che ho voluta e avuta al maggior costo
Per lei spogliato di tutto
Non decrepito io ma certo all’ultima rampa
Del discendere altro non ne aspetto
Che un lieve ricominciare :
Ti ho fatta bella – gli dico
E tu fammi più vero
Ogni cuore da sè tende al suo petto
Ritornante Thule del pensiero
Nuovi nel nuovo dove ricambiamo
Bisbigli di saluti
Poi che l’esser stranieri
Rende più riconosciuti
Aspettiamo una sobria confidenza
Dei vecchi essendo il privilegio il non durare
Che al passato dà indulgenza
Mai ebbi un abitare
Così librato senza un prima e un poi
Tra il verde in su del vento e il chiaro mare
Abbandonati tutti i vivi morti –
O già futuro mite trafficare
Forme di questa casa
Vuoto di questi corpi
——- Addio caro dottor Giudici !
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Proposto da Franco Muzzioli
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Sfiorarti i capelli
con struggente afflato
di condivise gioie.
Altra parte del cielo
doppio divino
nelle forme e nel gesto.
Nascer da te e ricongiunger
carne ed amore
vita e progetti
tutto in un unico canto.
Festeggiarti un sol giorno?
No, sempre gioia mi porgi
un peana costante
un quotidiano cantico
per te madre, sorella
moglie, amante,
amica donna.
autore.francomuzzioli
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Speranze senza ritorno
Socchiusi in cantici antichi
i pensieri rotolano nel vento
di speranze senza ritorno.
Partì così la semina avita
con quell’unico nucleo vitale
per diffondersi qua e la
nello spazio e nel tempo.
Crescere sulle ali dell’ovvio
moltiplicarsi con le solite note
vivere , perché è il solo possibile.
Sgretolandosi poi nell’amore
tra una essenza ed una convenzione
in un coro che trattieni
per non essere subito solo.
Conti piano i granelli fugaci
di strazianti e impietose clessidre
contorcendo i tuoi rami
per far nascere un frutto.
Ma la retta sperata si ferma
diventando un segmento banale
come tutto, così come il vento
di speranze senza ritorno.
Autore:francomuzzioli
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Vivere
Ritornare ancora
sulle stesse rive
per rimirar lune nuove ,
affranto
dalle albe e dai tramonti
che s’arricciano
nello scorrer lento
d’immutate presenze.
Quante vesti cambiate
per non mutar sostanza.
Quante strofe cantate
per illudersi sempre.
Forse è quel che si vuole
vivere e basta.
nel silenzio discreto
di un intimo desco
tra le foglie avvizzite
di rami contorti
nella morbida polvere
di un passato veloce
che non lascia….ahimè
nè tracce nè orme.
Autore: francomuzzioli
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Ricordo una piccola cosa
legata a tempi lontani
una dolce parentesi rosa
dai tratti fiabeschi ed arcani.
Era sera e con lento cammino
ritornavo felice alla cena
e pensavo all’amico destino
e alla vita ancor lieve e serena.
D’improvviso si vece davanti
una fragil mùliebre figura
era bella , con vesti guizzanti
delle quali era incerta natura.
Un mantello di foggia un po strana
che d’azzurro sfidava anche il cielo
nella sera brillava sovrana
e mostrava un dolcissimo velo.
Non parò e mi prese una mano
per donarmi un semplice oggetto
che ancor oggi ripongo in un vano
di un recondito picciol cassetto.
Dopo questo , svanì in un istante
inghiottita dall’ombre dei sogni
la mia mente era tanto distante
da miei fragili e mesti bisogni.
Che cos’era l’oggetto donato ?
Una piuma di bianco candore
per quel tempo mai tanto intonato
dell’età nel suo pieno splendore.
Giovinezza , era sì quella fata
ciò che ancora portiamo nel cuore
una dolce canzone appagata
che ha un sol nome splendente….l’amore !
Autore:francomuzzioli
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