Poesie di Eldy

ciao piccino

Come sei bello piccino!
Ma che belle guanciotte hai?
Come sei cresciuto! Sei già un giovanotto!!
Ehhhh! dimmi ! dimmi!
A chi vuoi più bene? alla mamma o al papa?

Ma che c…. di domande mi stai facendo?
Cosa sei sadica? Mi stai chiedendo  di scegliere tra mio padre e mia madre? Ma tu pensi davvero che io possa fare preferenze tra loro.
Tu pensi davvero che io sia in grado di dire a te se mia madre è migliore o peggiore di mio padre?
Perchè dovrei scegliere? Secondo te ci sono diversità? Tu nella tua infanzia hai notato differenze tra i tuoi gentori? Uno dei due si comportava meglio dell’altro? Ma credi davvero che allora tu potessi capire le differenze! Se differenze ci fossero state!
Ma ti rendi conto dell’assurdità della tua domanda?
Mi stai instillando il dubbio, il terribile dubbio che uno dei due miei genitori non mi voglia bene!
Stai insinuando ! Ti rendi conto?
Mi costringi a guardarmi dentro e pensare. A tenere una contabilità di quante volte mio padre e mia madre mi hanno sgridato, a quante volte l’uno o l’altra mi hanno negato qualcosa.
A quante volte l’uno o l’altra mi hanno sorriso!
Capisci?
Come posso io fare il confronto tra la delicatezza della mamma nel farmi il bagno e la gioia di giocare al pallone con papa? Ritieni che ci siano differenze? L’amore con cui mia madre mi porgeva il seno a confronto del ditone di papa che mi prendeva tutta la mano?
Mi sorge il dubbio che TU abbia avuto una infanzia difficile e che ora tu stia cercando una rivincita.
No cara, ti sbagli di grosso.
Io amo i miei genitori allo stesso modo, non faccio differenze. Alla mia nascita hanno contribuiito in eguale  misura e con lo stesso amore: perciò in futuro, evita di fare domande stupide ai bambini!!!imagesca21tsmi

Questa poesia è stata scritta da admin, il 23 giugno 2010 at 00:09, nella categoria: alfred. Lascia un tuo commento qui



la “morra”

tréi, tréi, quattro, séi, œtto,  sette, sette, sette, tûtta*………………..
Metti bene le dita!
düi, çinque, trèi , pésso* , séi, séi,  nœve……….
Quattro a tre per me……….
La gente attorno al tavolo guardava quelle mani callose che picchiavano sempre piu forte a ritmo sempre più serrato per poi fermarsi  all’improvviso: punto.
Uno scambio di occhiate, l’intesa, un gesto impercettibile della mano e via, altri colpi sul tavolo lasciando di volta in volta un dito, due, la mano aperta, il due col pollice e l’indice , il pollice solo, il pollice nascosto  per mettere quattro, lo zero col pugno chiuso.
La mente veloce deve calcolare, controllare che l’avversario non bari, tenere il conto dei punti raggiunti, anche i suoi.
Una pausa. Un sorso di vino. Chi perde paga la bottiglia.
È pronto un nuovo sfidante: il quarto? il quinto? Il pomeriggio all’osteria è lungo. Dopo tre, quattro mezze bottiglie di  vino i riflessi si fanno più lenti, il nuovo sfidante non ha ancora bevuto: lui è veloce, non è stanco, non gli duole la mano per i colpi violenti sul tavolo. Non ancora .
….sette, sette, quattrö séi, tûtta………….. <arvila ben quella man!*> (apri bene la mano).
A me baro non lo dici!!!!
Era tre quello  che hai messo!
La lite degenera. Gli spettatori parteggiano ora per l’uno ora per l’altro. Spunta un coltello da una tasca e colpisce.
Il gioco è finito in tragedia.
La “morra”, gioco popolarissimo fin dall’antichità, è caduto in declino per il divieto istituito da una legge promulgata  nel ventenno fascista e ancora in vigore che lo considera “gioco d’azzardo”.
Molto popolare nel Veneto e in Sardegna da qualche anno la morra è uscita dall’oblio ritrovando  estimatori,  fino al punto di creare una federazione e un campionato Italiano.
Intenzione dei suoi sostenitori è la necessità si fare riscoprire ai giovani giochi antichi come il tiro alla fune, il lancio della forma di formaggio, la lippa*, e altri.

*
tûtta= tutta . entrambe la mani aperte per ottenere il dieci.
pésso= niente. entrambe la mani chiuse a pugno  per  dire zero.
lippa= un pezzetto di legno appuntito ai due lati messo a terra,  fatto saltare con un bastone, colpito al volo e lanciato il più lontano possibile.
Chi desiderasse altre notizie vada:
http://www.giocodellamorra.it/     0626morra

Questa poesia è stata scritta da admin, il 20 giugno 2010 at 00:47, nella categoria: alfred. Lascia un tuo commento qui



dedicata a marco

Dedicata  a Marco .
Piccina vieni , dammi la tua mano ,
ti accompagnerò.
Piccino vieni, prendi l’altra mia mano,
vi accompagnerò,
faremo insieme la strada della vostra vita.
Le mie ginocchia saranno i vostri dondoli,
la ma barba bianca vi pungerà il viso la sera quando andrete a letto .
Imparerò le preghiere per il vostro papa e le diremo insieme.
Ci coricheremo insieme sull’erba e cercheremo nelle nuvole il suo volto e cercheremo quelle che sorridono. Sarà lui .
Era bello papa: ora è lassù, su quella nuvola azzurra con la sua moto.
Mandate un bacio a papa.
 nuvole1

Questa poesia è stata scritta da admin, il 18 giugno 2010 at 08:41, nella categoria: alfred. Lascia un tuo commento qui



il mobbing

il mobbing.
Mobbing, termine inglese entrato prepotentemente nei nostri ambienti di lavoro e di vita comuni: letteralmente mobbing significa “accerchiare” ed è stato coniato dall’etologo Lorenz per descrivere particolari comportamenti animali.
Il mobbing  viene utilizzato in modo scientifico da gruppi di poche persone con lo scopo di rendere sempre più difficile la convivenza con il soggetto prescelto allo scopo  si rendergli la vita sempre più difficile, demansionandolo, demotivandolo, attribuendogli colpe e responsabilità non sue, isolandolo dal contesto della vita in comune .
Naturalmente perchè il mobbing possa produrre gli effetti  desiderati  dagli  esecutori  è necessario che trovi  terreno fertile: caratteri deboli, insicuri, con sensi di colpa, non sufficiente autostima che gli consenta di reagire con motivazioni  molto più valide dei suoi persecutori.
Cosa può spingere un gruppo di persone a coalizzarsi contro un singolo? Quale può essere la molla scatenante che permette di prendere accordi segreti,  comportamenti umilianti calcolati nei confronti della vittima designata? Indubbiamente c’è la certezza dell’impunità, la complicità d chi non sarebbe direttamente interessato ma lascia che simili comportamenti possano produrre i loro nefasti effetti . Sono necessari accordi, è necessario convincere i rIluttanti magari con calunnie, inventarsi potenziali pericoli da attribuire alla vittima designata . Ci si inventa un nemico. Un pericolo. Un sovversivo  che non sa adeguarsi a quella che viene considerata e presentata come  la normalità.
la vittima subito non si rende conto, non percepisce. Il meccanismo è subdolo, strisciante, si accorge piano piano  di essere isolato,
si rende conto ma non capisce ancora che il collega col quale scambiava la sua amicizia ora  è molto più servile nei confronti  di altri.
specie di chi nel gruppo ha sempre avuto un ruolo rilevante ( sia esso il capo, il collega anziano o semplicemete quello  con più carisma, capace di trascinare gli altri col suo egocentrismo)
il mobbing è perseguibile penalmente ma difficilmente dimostrabile. chi lo dovrebbe e potrebbe dimostrare sono gli stessi che lo attuano.
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“Questo comportamento è stato poi rapportato ad alcuni atteggiamenti umani atti ad indebolire psicologicamente la vittima per far si che essa si autoeliminasse dal gruppo, spesso equivalente ad un’ equipe lavorativa, ad un ufficio e a molti altri ambiti sociali. Perlopiù,  tali atteggiamenti si riscontrano in ambiti lavorativi in cui il posto di lavoro è gestito dalle donne e le spiegazioni sociologiche a tale frequenza sono tra le più disparate. Sta di fatto che oggi  la donna in carriera risulti essere la più agguerrita nell’ambito lavorativo, disposta spesso a salvaguardare il proprio posto di lavoro e la propria autorità ad ogni costo.”
tratto da :
http://www.servizisocialiitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=81:il-mobbing&catid=62:orientamento-professionale&Itemid=77
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Esiste anche il contrario del mobbing: una personalità forte che sappia reagire con fermezza, calma, argomenti validi e convincenti
che riesca a conquistarsi consensi col suo agire onesto e fermo determinerà un’esasperazione  nei “MOBBISTI” che vedranno vanificati i loro sforzi, la loro carica di cattiveria.
Per chi desideri approffondire l’argomento  è sufficiente  andare in rete e digitare <MOBBING>.

mobbing

Questa poesia è stata scritta da admin, il 17 giugno 2010 at 14:01, nella categoria: alfred. Lascia un tuo commento qui



il pallone

Due giacche buttate a terra a quattro passi di distanza l’una dall’altra.
I passi il più lunghi possibile di modo che la porta dell’avversario fosse più larga. Le cartelle tutte assieme ammucchiate sul marciapiedi.
Cinque contro cinque. Quattro contro quattro. Se mancava un portiere si giocava a una porta sola : all'”americana”.
Gambe violacee per il freddo coi calzoni rigorosamente corti: quelli lunghi solo ad una certa età.
Non c’era la televisione allora che condizionava i ragazzi e il calcio era seguito alla radio prima e col transistor dopo ma, principarlmente, lo si poteva giocare in qualsiasi momento, luogo, condizione,anche con la cartella dell’amico antipatico: non servivano scarpette coi tacchetti, magliette sposorizzate, palloni firmati, iscrizioni a società, prenotare campetti. Era sufficiente essere in strada in quel momento ed avere un pallone. Se la larghezza della strada lo permetteva, la serranda del salumierie era ottima come porta, per la felicità degli abitanti  dei piani superiori.
Tu no, sei troppo piccolo, potresti farti male , vedi? Sono tutti più grandi di te . Un viso imbronciato abbassato col mento a toccare il grembule nero. una lacrimuccia. Va bene dai …….. tu fai il raccattapalle.
Felice di avere il pallone di cuoio in mano correva avanti e indietro ad ogni gol, ad ogni fuori. Il prossimo anno sarebbe toccato anche  a lui di giocare con i “grandi”.
Fermaaaaaaa, Fermaaaaaaaaaaaa c’è la macchina!!!!!!
Accidenti , è la terza gia che passa  oggi!!!! Passata la macchina si riprende il gioco: fai fare i due salti…..
Come faranno a dare quelle testate a quel pallone cosi duro? Aveva le stringhe come le scarpe: con la differenza che quelle erano di cuoio e quando ti picchiava in fronte lasciava il segno. Dovevi slacciare le stringhe per gonfiare la camera d’aria che era al suo interno e serviva allo scppo una pompetta , pompetta che solo il figlio del geometra aveva perchè era l’unico ad avere una bicicletta e non giocava lui al pallone , la sua mamma non voleva che sudasse e si  sporcasse ed allora, passava da li in bici e si fermva a guardare e a farsi ammirare.
Si è giocato ancora qualche anno  in strada, poi  le auto si sono rubate tutti i “campetti”, costringendo i ragazzi a spostarsi su campetti improvvisati fuori del paese, nel campetto del prete all’oratorio, in qualche piazza, finche il viglie non ha incominciato  a multare .
Poi la televisione  ha portato il pallone in tutte le case con i suoi sponsor, i suoi giri di soldi, i suoi miraggi, i suoi giocatori nababbi che diventavano modelli di vita. E dietro loro le veline .
Ora il calcio è arrivato  in Africa : porterà miliardi e miliardi e mliardi . A chi?
le20ombre20di20bambini20su20un20muro20mentre20giocano20a20pallone20in20una20strada20di20benguela

Questa poesia è stata scritta da admin, il 14 giugno 2010 at 12:29, nella categoria: alfred. Lascia un tuo commento qui



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