FRIDA KAHLO. La pittrice messicana più amata di tutti i tempi, icona femminista degli anni Settanta, ribelle, anticonformista, fuori dalle righe, distruttrice di tabù sessuali. Fiume in piena, anima selvaggia e combattiva. Rivoluzionaria, innamorata della sua terra, travolgente e tormentata.
«Il dolore è necessario per generare bellezza»
La sua è stata un’esistenza difficile, straziata da dolori fisici e interiori davvero intensi. Affetta da spina bifida fin dalla nascita, all’età di 18 anni, nel settembre 1925, è vittima di un grave incidente stradale che segna irrimediabilmente e definitivamente la sua vita. Il terribile incidente – in cui perdono la vita alcune persone – le causa la frattura in più punti della spina dorsale, clavicola e costole rotte e il ventre dilaniato. La convalescenza la costringe a letto per nove lunghi mesi, ingessata e impossibilitata a muoversi. È qui che la giovane Frida scopre la sua vocazione. È con il pennello e nei colori che la sua anima sofferente trova la strada verso la guarigione.
Proprio nel momento di più intenso dolore, soffocando il desiderio di morte, Frida Kahlo raggiunge il culmine della bellezza creativa.
I numerosissimi dipinti – perspicaci, intensi, quasi crudeli – raccontano il suo complesso universo, pieno di angoscia e desiderio di libertà. Un’arte che nasce dal dolore. Un’arte che si trasforma in terapia, contro la disperazione di un’anima selvaggia, indissolubilmente legata al suo corpo immoto.
Questi quadri, ricchi di simbologia e di rimandi psicologici, raccontano la tragica e smodata passione per la vita che ha permesso a Frida Kahlo di sopravvivere e di librarsi sulle vette più alte dell’arte contemporanea.
Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego.
Nel 1928 l’incontro con Diego Rivera, muralista messicano di fama internazionale, le sconvolgerà nuovamente la vita. La loro relazione amorosa è forse tra le più burrascose e tormentate dell’intero secolo. La sofferenza per i ripetuti tradimenti da parte di Diego conduce Frida a chiedere la separazione. Seguono quadri pieni di rabbia e delusione che raffigurano Frida sul punto di morire, dilaniata dal dolore. Ma il distacco non dura molto e, nel 1940, i due artisti convolano nuovamente a nozze.
Le gravi conseguenze dell’incidente le impediscono, inoltre, di generare figli. Nonostante il suo desiderio fosse incredibilmente forte, Frida non riuscì mai a portare avanti una gravidanza, subendo ben tre aborti. Il trauma fu talmente grande che cercò di esorcizzarlo, come gli altri suoi tormenti, raffigurandolo in numerose tele.
Dagli impietosi rigurgiti dell’inconscio, la pittrice dipinge – quasi sempre in autoritratti – sangue, malattie, lacrime, organi, lacerazioni, feti e incubi.
Comprendiamo allora come la sua arte non sia nata da correnti e discussioni artistiche, ma semplicemente e drammaticamente dalle sue personali vicende e dal suo dolore indissolubile. Nelle 200 tele ricche di colori e animali esotici, la pittrice ha trasformato la sofferenza in energia vitale, riuscendo a confrontarsi coraggiosamente con le proprie angosce.
Frida Kahlo è a tutti gli effetti un’eroina della resistenza che, con l’amore per la vita, è stata capace di trasformare in arte tutto quello che ha tentato di spezzarla. Celebre il suo ultimo dipinto, terminato otto giorni prima di morire che, come un testamento artistico, lancia l’estremo, disperato grido di dolore: VIVA LA VIDA!
Contributo di
, 9 gennaio 2020 22:38.
Un servizio colmo di umanità. Ed un’artista, Frida, espressione di uno dei migliori esempi di un mondo troppo spesso inumano. Grazie Francesca.
Non vado matto per Frida , che reputo una naif o folklor-naif . Mi prenderò le ire di chi la ritiene surrealista , ma sinceramente non mi affascina .Forse è più interessante la sua travagliatissima vita , dall’incidente, alla bisessualità , allo strano menage col corpulento Diego Rivera , il pittore dei murales , della “revolution” del comunismo messicano, che a mio parere dice molto di più.
Frida Khalo, artista già trattata dalla cara Giovanna in un post del Bosco tanti anni fa ma l’Arte è sempre Arte e non è male rivisitarla, grazie Francesca. Allora aveva raccolto molti consensi che oggi si sono persi per strada, ma, andiamo avanti, non bisogna mai arrendersi.
Per Giuseppe:
Basare la validità di un articolo-post sul numero dei commenti mi sembra alquanto improprio e puerile. Farlo notare e addirittura spronare poi a “non arrendersi” perchè i consensi non hanno raggiunto i vertici passati, è cosa che mi lascia senza parole. Sarà perchè io non considero mai la quantità ma la qualità e lascio sempre libertà a chiunque di commentare o meno. Questo è rispetto per tutti e, in ultima analisi, sono certa che tante persone leggono ma non commentano per vari motivi, tutti validi e degni di stima. “Prostituirsi” per un commento in più è immorale.
Il tuo “appunto” mi sembra spropositato Francesca, forse non si è capito il senso del mio commento che contiene un ringraziamento a te per aver trattato l’articolo d’Arte e dopo una riflessione, del resto nota a tutti, sulla scarsa partecipazione da parte dei lettori a lasciare un loro pensiero. Un tempo non era così, tutto qui. Tu puoi dare l’interpretazione che vuoi con le tue parole grosse, io proseguo per la mia strada in serenità e pace, ciao.