Poesie di Eldy

TRILUSSA

TRILUSSA
Trilussa è il poeta romano Carlo Alberto Salustri che scelse questo pseudonimo anagrammando il suo cognome.
Nacque a Roma nel 1871 e la sua infanzia non fu molto fortunata tanto che visse un infanzia poverissima. Compì i suoi primi studi in modo molto irregolare e alla fine preferì darsi alla scrittura di poesio le in dialetto romanesco. I suoi primi versi di carattere molto provinciale e satirico attirarono l’attenzione di poeti abbastanza famosi, che gli permisero di pubblicare i suoi primi versi .Ben presto le sue poesie lo resero famoso ma durante la sua vita fu assillato da problemi economici ,per cui fu costretto a sbarcare il lunario solo con i proventi editoriali e le collaborazioni giornalistiche. Fu un affermato dicitore dei suoi versi e come lettore di poesie fece lunghe tournée sia in Italia che all’estero . Non fu un intellettuale, ma la fonte della sua ispirazione poetica furono le strade di Roma, anziché i libri
Intanto forte del successo ottenuto comincia a frequentare i salotti della gente bene come poeta-commentatore del fatto del giorno .Questa vita a lui non garbò molto per cui continuò a frequentare le sue amate osterie . Cominciò a scrivere facendo satira politica , ma i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e basati sul rispetto reciproco .
Nel 1922 la Mondatori pubblicò tutte le sue raccolte e nel 1950 il Presidente della Repubblica Einaudi lo nomina Senatore a vita proprio 20 giorni prima della sua morte e Trilussa con molta ironia disse “Mi hanno nominato senatore a morte e alla sua governante disse “Siamo ricchi”anche se sapeva bene che quel titolo era solo una carica onorifica.
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LA STRADA MIA
La strada è lunga, ma er deppiù1 l’ho fatto:
so dov’arrivo e nun me pijo pena.
Ciò er core in pace e l’anima serena
der savio che s’ammaschera da matto.
Se me frulla un pensiero che me scoccia
me fermo a beve e chiedo aiuto ar vino:
poi me la canto e seguito er cammino
cor destino in saccoccia.
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BONSENSO PRATICO
Quanno, de notte, sparsero la voce
che un Fantasma girava sur castello,
tutta la folla corse e, ner vedello,
cascò in ginocchio co’ le braccia in croce.
Ma un vecchio restò in piedi, e francamente
voleva dije che nun c’era gnente.
Poi ripensò: “Sarebbe una pazzia.
Io, senza dubbio, vede ch’è un lenzolo:
ma, più che di’ la verità da solo,
preferisco sbajamme in compagnia.
Dunque è un Fantasma, senza discussione”.
E pure lui se mise a pecorone.

La chiave di accesso e di lettura della satira di Trilussa si trova nelle favole,ognuna di esse ha una morale che non è mai stata generica ma legata,quasi in tempo reale a commenti dei fatti della vita di ogni giorno.

Trilussa è stato il 3° poeta dialettale romano ,egli ideò un linguaggio ancora più prossimo all’italiano nel tentativo di portare il vernacolo sempre più in alto.
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ER SOMARO E EL LEONE

Un Somaro diceva: – Anticamente,
quanno nun c’era la democrazzia,
la classe nostra nun valeva gnente.
Mi’ nonno, infatti, per avé raggione
se coprì co’ la pelle d’un Leone
e fu trattato rispettosamente.
– So’ cambiati li tempi, amico caro:
– fece el Leone – ormai la pelle mia
nun serve più nemmeno da riparo.
Oggi, purtroppo, ho perso l’infruenza,
e ogni tanto so’ io che pe’ prudenza
me copro co’ la pelle de somaro!
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L’ONESTA’ DE MI’ NONNA

Quanno che nonna mia pijò marito
nun fece mica come tante e tante
che doppo un po’ se troveno l’amante…
Lei, in cinquant’anni, nu’ l’ha mai tradito!
Dice che un giorno un vecchio impreciuttito
che je voleva fa’ lo spasimante
je disse: – V’arigalo ‘sto brillante
se venite a pijavvelo in un sito. –
Un’antra, ar posto suo, come succede,
j’avrebbe detto subbito: – So’ pronta.
Ma nonna, ch’era onesta, nun ciagnede;2
anzi je disse: – Stattene lontano… –
Tanto ch’adesso, quanno l’aricconta,
ancora ce se mozzica3 le mano!4
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IL TESTAMENTO DI UN ALBERO
Un albero di un bosco
chiamò gli uccelli e fece testamento:
lascio i miei fiori al mare,
lascio le foglie al vento,
i frutti al sole, e poi
i semini a voi.
A voi poveri uccelli
perché mi cantavate la canzone
nella bella stagione.
E voglio che gli stecchi,
quando saranno secchi,
facciano il fuoco per i poverelli.
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« C’è un’ape che se posa
su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. »
Elaborazione di :Porzia.mi
 

 

 

Contributo di admin, 9 giugno 2011 04:06.

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