La poesia dei “poète maudit”
L’espressione “poète maudit” poeta maledetto sta a definire un poeta ,un artista di talento che incompreso, rifiuta i valori della società assumendo un atteggiamento provocatorio,asociale,autodistruttivo , fino a morire prima che al suo genio venga riconosciuto il suo valore.
Poeti maledetti” perché maledetti dalla società conformista ,sono quegli uomini a cui la società industrializzata , le angosce di una vita instabile,e i fantasmi della propria coscienza lo portano alla sofferenza di una vita senza scopo, e dissipata.
Ecco che a tutto questo l’uomo oppone paradisi artificiali del sesso, dell’alcool, e della droga , simboli di vita negata.
La trasgressione, i vizi, la miseria diventano così una protesta contro il falso perbenismo e l’ipocrisia delle persone.
Molti furono i poeti appartenenti a questa corrente : Paul Verlaine, Charles Baudelere, Rimbaud, l’italiano Olindo Guerrini e altri ancora.
Rimbaud affermava che la poesia è un modo di cogliere l’essenza della realtà. Il poeta diventa veggente in grado di rivelare questa realtà sconosciuta.
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“Voglio essere poeta e io lavoro per essere veggente
voi non potete capirci abbastanza, e io non saprei come spiegarvi.
Si tratta di arrivare all’ignoto mediante una sregolatezza di tutti i sensi.
Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti,
essere nato poeta, ed io mi sono riconosciuto poeta.”
Un forte legame moderno coi maudits lo notiamo nella poetica e nella musica del grande Jim Morrison.
Uno dei primi esponenti dei “poòte maudit” è Francois Villon , il cui vero nome è Francois de Montcorbier . Nato a Parigi nel 1431 , rimase orfano molto presto e adottò il cognome dal suo tutore , fu un ladro ed un vagabondo. Ricercato per molto tempo fu arrestato 4 volte per gravi episodi di malavita ,fino ad essere condannato a morte. Qualche tempo dopo fu rilasciato ma poco dopo catturato e imprigionato. Dopo il 1463 di lui non si sa più nulla. In carcere scrisse le sue opere migliori. Per il valore dei suoi versi e per la sua poesia fu considerato uno dei precursori della corrente letteraria dei maudits.
La sua opera più riconosciuta fu “La ballata degli impiccati” .Non si sa molto della giovinezza e della vita di Villon ,solo che il suo vero nome è controverso fra quelli che gli sono stati attribuiti,in poesia però è rimasto col nome di Villon. Nella sua poesia ha cantato le donne di Parigi e ha esaltato la loro amicizia.
Pur avendo un fare scanzonato i suoi versi sono permeati di tristezza e di rimpianto ,infatti l’esperienza della prigione lo aveva portato alla desolazione e al fallimento della sua vita. La mancanza di danaro lo porta ad elemosinare la protezione di qualche potente.
Alcuni critici hanno visto in Villon un ribelle alle ingiustizie del suo tempo ,un incapace a realizzarsi e non in grado di rifiutare i valori della società in cui viveva.
Nell’aria della sera umida e molle
Era l’acuto odor de’ campi arati
E noi salimmo insieme su questo colle
Mentre il grillo stridea laggiù nei prati.
L’occhio tuo di colomba era levato.
Quasi muta preghiera al ciel stellato;
Ed io che intesi quel che non dicevi
M’innamorai di te perché tacevi.
O.Guerrini
Elaborazione fatta: Porzia
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Ti chiamo,
ti cerco;
distante,
scostante,
non parli,
non mi rispondi,
hai solo sonno,
non dici molto;
lontana,
sei lontana,
remota;
oggi so
che non è giornata,
forse è finita,
non mi pensi,
non mi vuoi,
non ti importa.
Lontana,
remota,
non arrivo a te,
non mi ascolti,
oggi.
Autore: Stefano Medel
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Nei giardini dell’infanzia perduta
lungo i viali corrono
Eterni Fanciulli
con l’affanno del tempo
un raggio di luna tra i capelli
vivono
ciò che gli fu’ negato allora
corrono
tristemente allegri
nei Giardini dell’Infanzia Perduta
corrono corrono
a recuperare la Fanciullezza
quando Costretti Adulti
il corpo Bambino
non sognarono la Fata Turchina
corrono corrono
corrono corrono
Autore:Trastevere
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Stanzetta,
guscio personale,
oasi domestica,
isola sperduta,
momento
di relax,
stacco da tutto;
il mondo turbina
e corre,là fuori,
da qualche parte.
Autore:stefano medel
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Ieri sera all’ospedale di La Spezia si è spento Giovanni Giudici, uno dei maggiori poeti italiani della seconda metà del novecento. Ho avuto il privilegio di essergli amico, abitavamo in due appartamenti attigui alla Serra di Lerici e nelle torride giornate estive si chiacchierava nelle piazzette assolate. Lesse le mie prime poesie e con fraterna sollecitudine mi spronò a continuare.
Era un ligure dalla battuta arguta di una cultura e di una intelligenza rara, combattuto sempre tra una cultura cattolica ed una pulsione marxista.
Troverete nei giornali tutto sulla sua vita di poeta, di scrittore e di giornalista, con affettuosa commozione credo più opportuno poporvi qualche sua poesia.
Quelle che faccio seguire sono prese dal libro “Quanto pensa di campare Giovanni”, non tutte di facile lettura:
Brevi lucignoli
Quale importanza dare
Alla piccola storia individuale?
Brevi lucignoli – una breve area
Scavare a fondo ,dipanare i fili
Brevi istanti tacendo brevi sospiri
E non che non si possa quel poco
Ma riportando a un prima o dopo,a un più in là
Il circoscritto e quel che circoscrive
A immani anime morte
Le modeste tue care anime vive
Ecco che indecifrabile si fa
Il disegno del mondo in matto mutare
E siamo abitatori del tenue polinomio
Preceduto da segno negativo
Dove quando aboliamo
Un muro una parentesi
Il più diventa il meno e questo il più
il no è l’affermtivo
Così mentiscono in questa
Inevitabile algebra i negozi quotidiani
Il far l’amore uccidere e rubare
E adorare gli idioli e sperare
Speranze non nostre e pensieri di schiavi
Pensando che ci dicono liberi
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Casa estrema
Decrepita
Al primo scorgerla – eccola
Un lindore di muri adesso un lusso
Di legni e il sole
Quasi non oso guastarla in parole :
Lei che ho voluta e avuta al maggior costo
Per lei spogliato di tutto
Non decrepito io ma certo all’ultima rampa
Del discendere altro non ne aspetto
Che un lieve ricominciare :
Ti ho fatta bella – gli dico
E tu fammi più vero
Ogni cuore da sè tende al suo petto
Ritornante Thule del pensiero
Nuovi nel nuovo dove ricambiamo
Bisbigli di saluti
Poi che l’esser stranieri
Rende più riconosciuti
Aspettiamo una sobria confidenza
Dei vecchi essendo il privilegio il non durare
Che al passato dà indulgenza
Mai ebbi un abitare
Così librato senza un prima e un poi
Tra il verde in su del vento e il chiaro mare
Abbandonati tutti i vivi morti –
O già futuro mite trafficare
Forme di questa casa
Vuoto di questi corpi
——- Addio caro dottor Giudici !
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Proposto da Franco Muzzioli
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