Tanto ti ho dato, tanto ti ho amato, fino al punto di mettermi contro tutto e tutti. Ho veramente creduto in te: ti consideravo il faro della mia esistenza. Abbiamo messo al mondo tre figli, per noi bellissimi, naturalmente, (un genitore considera sempre i suo figli i più belli in assoluto). Insieme li abbiamo educati, con amore, con affetto, e provavamo una gioia immensa nel vederli gioire e crescere così bene. Li osservavamo come si divertivano a giocare, spensierati e felici nel trovarci tutti assieme, vedere nei loro occhi vispi e splendenti tutto l’entusiasmo di chi si sente forte, contento e protetto, grazie ai genitori che gli stanno accanto. Sai, in quei momenti il mio cuore straripava d’amore verso di loro e, nello stesso tempo, mi sentivo un po’ come loro. Sì certo, anch’io avvertivo quella sicurezza che mi dava l’averti accanto, come una bambina che, in cerca di protezione, va a nascondersi dietro i propri genitori. Com’era bello quel periodo, tutto filava liscio, quasi mai un litigio, anche se alcune volte c’erano delle incomprensioni, ma del tutto temporanee, facenti parte della vita quotidiana. Alla base, comunque, c’era il rispetto, l’affetto, la comprensione, e principalmente la coscienza e la consapevolezza di aver costruito la propria famiglia, come l’obiettivo più importante, nella quale dovesse regnare la pace e l’armonia complete, come insegnamento ed esempio verso i nostri bambini, che dovevano crescere e vivere senza traumi la loro fanciullezza. Un certo giorno, tuttavia, senza che fosse accaduto nulla di particolarmente significativo, sei scomparso. Passò quel giorno senza avere tue notizie, e lì per lì non detti molta importanza al fatto,( ero abituata a non vederti arrivare per il pranzo: talvolta ti fermavi in quella trattoria di fronte alla fabbrica dove lavoravi). Di notte, però, non eri mai rimasto fuori casa, e io la trascorsi in preda a mille orribili pensieri: ero disperata e impaurita. Ero sola, non sapevo a chi rivolgermi, i bambini si erano addormentati pensando a te: “,Mamma, papà quando viene? Mi deve dare il bacino della buona notte, mamma questa notte mi rimbocchi tu le coperte, vero? – Papà ancora non è venuto”. Povere creature, queste furono le loro ultime parole, prima di piombare nel sonno. Che fare? Non sapevo più cosa pensare, sentivo il cuore scoppiare, nessuna ipotesi poteva placarmi. Eppure eravamo una così bella famiglia! O Signore! Fai che non sia successo niente, non tanto per me ma per i miei bambini. I giorni si susseguirono, all’insegna del pianto e della disperazione. Non furono sufficienti nemmeno le amorevole parole di mia madre, che per l’occasione si era precipitata da noi. Povera donna, anche lei ha vissuto il mio dramma, il nostro dramma, perché quei bambini hanno subito veramente un grosso trauma. (Infatti non li ho mai più sentiti nominare il tuo nome, è stato come se l’avessero cancellato dalla loro mente). Avrei, forse, potuto accettare che te ne fossi andato con un’altra donna, che avessi cessato d’amarmi: me ne mi sarei fatta una ragione. Situazioni del genere accadono con una certa frequenza, di questi tempi. Ma non potrò mai accettare che te ne sia andato improvvisamente, senza un’apparente e valida ragione. Forse da tempo avevi deciso di recidere il nostro legame. Se questa era la tua decisione, perché non parlarmene? Il tuo gesto è stato proprio meschino e inqualificabile. Hai voluto ferirmi in modo brutale e definitivo, dimostrando di non avere un briciolo di sensibilità. Quello che mi addolorava e indignava ancora di più era che non avessi pensato quanto ne avrebbero sofferto i bambini. C’erano anche altri aspetti importanti, come il mutuo che avevamo acceso con la banca, per la casa nuova, tutti e due! Ciò dimostrava, una volta di più, la tua immaturità, che non mi sarei mai aspettata. Hai voluto perseguire il tuo disdicevole disegno per sottrarti alle responsabilità di uomo e di padre, per appagare la sete di libertà, che tante volte avevi decantato. A distanza di tempo, penso che gran parte di colpa di ciò che è accaduto sia mia, perché non ho voluto ascoltare chi mi voleva aprire gli occhi, all’inizio del nostro rapporto. Ero troppo innamorata per accettare consigli del genere. Rimasi, quindi, sola a leccarmi le ferite.
Avevo riposto tanta fiducia, tanta stima e tanto affetto in te, e questi sentimenti mi avevano tarpato le ali, mi ero lasciata andare, totalmente dominata da te, e mi sentivo un automa. Tu ne hai approfittato e, al momento opportuno, ti sei dileguato!
Ed io sola, con tre figli sulle spalle, ho dovuto condurre una vita di stenti, privandomi di qualsiasi cosa per loro, per ché non mancasse il necessario e anche il superfluo.
Certo non è stato facile. La giungla che ti circonda non aspetta altro che farti sbranare dal primo lupo di turno. Per fortuna sono riuscita a superare tutte le difficoltà e ho potuto raggiungere l’obiettivo che mi ero proposta. Manca ancora qualche piccolo tassello poi compito sarà ultimato. Non voglio recriminare nulla: se tornassi indietro farei lo stesso percorso. Non mi sono mai posta la domanda: Ho fatto bene oppure no? Dopo tanti anni, per la prima volta, lo specchio riflette un’immagine che non riconosco. Guardo quei bambini che si son fatti grandi, belli e forti e il mio cuore ricomincia a pulsare.
Sicuramente ripercorrerei la stessa strada ancoraaaaaaaaaaaaaa, senza esitazione.
Autore .dome
Contributo di
, 11 febbraio 2010 06:30.
Domenico , la tua prosa mi ha fatto pensare a un racconto del’800, pieno di sentimenti, di ricordi da parte di una madre abbandonata.La forma è buona e scorrevole
Quando leggo il tuo spaccato di vita , come lo chiami tu, i personaggi sono cosi vivi che è difficile nn vivere con loro le stesse emozioni, gli stessi drammi, le stesse gioie. È sempre un quadro cosi luminoso da sembrare quasi reale, entusiasmandomi da come ,abilmente, da te, viene presentato , bravo
Domenico, sei riuscito ad entrare nell’animo di una donna,cosa non facile.
Il tuo scritto mi ha portato a fare alcune considerazioni anche se è evidente che esso non si riferisce a una situazione attuale ma svoltasi nel passato.
Una considerazione è questa: l’incapacità di certe persone di saper affermare il proprio IO. Incapacità di saper dimostrare in tutto e per tutto la loro personalità trincerandosi dietro maschere che diventano sempre più pesanti e insopportabili da portare fino al punto di scegliere la fuga o addirittura, in casi più gravi, esplodere improvvisamente in collere devastanti.
Domenico, credo su questo filone si possa aprire un bel dibattito.
povera donna fosse almeno morto, il suo pianto avrebbe un dolore, matu uomo come fai a capire questo ?
sempravi la protagonista del racconto,a questo punto si capisci chi è il sesso forte
mai poi mai un uomo sarebbe capace di tutto quel sacrificioche solo una madre può fare senza pesare sulle sue spalle.Sai che ti dico rispecchia un pò la mia vita