Da ragazzo mi sentivo inutile. Gironzolavo a vuoto. Avevo la sensazione di essere trattato dai grandi come un intralcio, come un peso inutilizzabile, sgraziato, sempre tra i piedi. E sì che avevo una gran voglia d’essere messo alla prova. Appena ho potuto, poi, alla prova mi ci sono messo da solo. In questo senso credo che mi metterò in croce sino all’ultimo dei giorni. Peccato che chi ha la sfortuna di vivere a lungo con me, lamenta che sono uno che non si da tregua, che non dà tregua! Moglie e figli , poverini si considerano vittime del mio “rigore”, della voglia di fare, strafare e ricreare, che a detta loro rompe, non fa respirare, non è riposante. E devono pur averla qualche ragione se godo fama di “difficile”. Per la verità da sempre mi spazientisce l’infingardaggine, l’enorme quantità di tempo che prendono gli altri per fare delle cose da compiersi con buona lena in quattro e quattr’otto. I pigri dicono che io non sono normale, che ho la classica marcia in più. Ammetto che l’ignavo mi dà sui nervi perché di solito lo è pure negli affetti, pure verso se stesso. Parlo dell’abitudinario, è ovvio, di chi rifiuta il suo apporto alla società, non di chi soffre e non parla e se ne sta da solo e non prende parte alla vita di gruppo.
Sono fuggito e tornato da Gomorra dove la terra da un momento all’altro può prendere fuoco come un fiammifero, per mia scelta, quasi per un richiamo atavico nell’acquitrinosa valle dei Mazzoni.
La grande città indifferente mi annoia, E’qui che la lotta per la sopravvivenza è cruenta, è qui che ci si sente vivi col pericolo incombente. Fremiamo all’acume che svela le miserie di cui siamo intrisi. Invece le parole dei fannulloni sono baciate da labbra svogliate, da voce appena dette, impigrite, imbavagliate dal torpore, dal calduccio dell’alcova.
La vita finora è trascorsa nella tensione fra un traguardo e l’altro che mi davo da solo. Non ho avuto tempo di annoiarmi e già questo mi sembra un buon risultato. E, anche se non lo ammetteranno mai, credo che con questo rompiballe i miei non avranno avuto tempo di annoiarsi neanche loro.
Mae culpa! Ma a voi forse ne recito solo una parte l’altra la confesserò al Padreterno: Amarezze? Tante. Soddisfazioni? Qualcuna. Tutto sta a recepirle nel loro significato profondo e sapersene accontentare. Altrettanto complicato fu ricondurre all’ovile coniugale la pecorella ( si fa per dire) cui occorse fuorviarsi per riadeguarsi a siffatta eccezionalità (me). Momenti così ti ripagano di una vita. Risvegliano in te la sindrome del meraviglioso. La dimensione da perseguire, nonostante le premesse raggelanti, la felicità di cui si assaporano sprazzi illuminati a lampi. L’armonia, distaccarsi da sé, non prendersi sul serio anzi giocare sul serio con il serio. Rifuggire l’ingiustizia e l’aggressività e tutto quanto vi è di basso, piccolo e meschino. E se proprio vi punge vaghezza di felicità a tutti i costi, lasciate ad altri le complicazioni del meraviglioso …Datevi ai bagordi
Me ne voglio andare lontano, lasciare quì quel bagaglio della vita che oggi mi ha riempito di tristezza. Quella parola dura ricevuta ha ferito il cuore e riportato a galla tutte le azioni, le scelte fatte, con amore, pensavi, ma che ora sono errori. Quel dito contro è penetrato nel cuore facendomi a pezzi. Allora oggi voglio essere lontana da questo posto che mi ha ferita……. …e, domani dimenticare. Di nuovo sarò bersaglio! Autore: mary49
Pieter Bruegel (Il Vecchio) - TRIONFO DELLA MORTE - Museo del Prado, Madrid - olio su tavola
Cos’è questa follia che mi ci circonda,
questo odore acre di sangue versato,
che sento sempre più forte,
che riesce a paralizzare i sentimenti.
In quale mondo mi ritrovo adesso,
non lo riconosco, non è più lo stesso,
dove l’odio sembra essere l’unica ragione,
dove non ci sono più fratelli,
solo rivali, nemici da dovere cancellare.
E’ questa l’esistenza che si prospetta,
non hanno più valore gli ideali,
sogni, valori umani, tutto da buttare,
la vita è solo un campo di battaglia,
da concimare coi resti degli eliminati.
Realtà o forse solo un incubo,
un brutto sogno che svanirà,
nel sole di un nuovo giorno,
venuto ad illuminare
una nuova vita.