Poesie di Eldy

‘Na Vuci

‘Na vuci
schigghenti na’ notti m’arrusbigghiau.
Bì, tuttu trema, ‘u pavimentu si movi,
arrisauta comu ‘u cori di chiddu ca si  scanta.
‘U tirrimotu! ‘U tirrimotu!
I letti caminunu, i vitri si rumpunu,
‘u tettu si sfrangi.
Scappamu, scappamu! Ma unni iemu?
‘A strada non c’è chiù, si spalancau ‘a terra,
‘a machina spariu.
I iatti fanu miau dispirati.
Chi facemu? A Roma, a Roma turnamu!
Ma comu?  Vulamu? E chi semu aceddi?
Aspetta, viremu, forsi quaccunu n’aiuta.
Ma cu nu fici fari a veniri cà! Cu nu fici fari
a lassari ‘a capitali? Roma, Roma, aspettani, vinemu!
Mittemuni ‘o capu da’ strada.
Priamu u Signori, sulu Iddu ni po’ sarvari.
Ma addu’ mumentu pinsai tra mia:
‘u tirrimotu, ‘u Signuri, a mia, prima mu fici capitari.
Do’ Nord si prisintau, e ‘u cori m’arriminau.
Autru ca chissu di oggi, chissu ‘a terra muviu,
ma chiddu mi scatinau terra, cielu, mari, l’ossa,
u’ sangu.
Prestu, ca fazzu ‘na telefonata!
Amuri, non ti scantari. Sì, ci fu  ‘u tirrimotu ,
ma salvu sugnu e pensu sempri a tia.
Veni, amuri, dammi i to’ manu,
veni ca n’abbrazzamu.

Traduzione

Una voce squillante nella notte mi svegliò. Accidenti, tutto trema, il pavimento si muove, sobbalza come il cuore di uno che si spaventa. Il terremoto! Il terremoto! I letti camminano, i vetri si rompono, il tetto si sfalda. Scappiamo, scappiamo! Ma dove andiamo? La strada non c’è più, la terra si è spalancata, la macchina è scomparsa. I gatti miagolano disperati. Che facciamo? Torniamo a Roma, a Roma. Ma come? Voliamo? E che siamo uccelli? Aspetta, vediamo, forse c’è qualcuno che ci aiuta. Ma chi ce l’ha fatto fare a venire qua? Chi ce l’ha fatto fare a lasciare la capitale? Roma, Roma, aspettaci, veniamo! Mettiamoci all’inizio della strada. Preghiamo il Signore, solo Lui ci può salvare. Ma in quel momento pensai tra me, il terremoto, il Signore, a me, prima me lo fece capitare. Dal Nord si presentò e il cuore mi rimescolò. Altro che questo di oggi, questo ha mosso la terra, quello scatenò terra, cielo, mare, le mie ossa, il mio sangue. Presto, fammi fare una telefonata. Amore, non ti spaventare. Sì, c’è stato il terremoto, ma sono salvo e penso sempre a te. Vieni, amore, dammi le tue mani, vieni che ci abbracciamo.

Autore   Lorenzo.rm

Questa poesia è stata scritta da admin, il 16 agosto 2009 at 06:28, nella categoria: Lorenzo.rm. Lascia un tuo commento qui



Inquietudine

Inquietudine
La mia non dipende
da rancori non sopiti,
da sapori non gustati,
da equilibri non raggiunti,
da perdoni non ottenuti.
Eppure ogni tanto frulla,
ciurla nel mio cervello,
certo allarmandomi
e rendendomi triste.
S’intreccia con l’idea
della solitudine,
di essere incompreso.
Signore, fa’ che non sia
un segno d’orgoglio,
di vanagloria, di malintesa
coscienza di superiorità.
La mansuetudine, la bontà
caratterizzino sempre,
e di più, la mia vita.
Non è facile, lo so,
ma devo provarci
e riprovarci,
fino al successo.
Non mi sono realizzato,
con impegno fino al sacrificio,
come esempio di costanza
e modestia? E perché
il mio prossimo non dovrebbe
essere migliore di me?
Offrire pace e rintuzzare
I veleni con l’amore,
ecco l’intento nella mia volontà.
L’obiettivo è chiaro.
Nella prassi sarò capace
di raggiungerlo?
Se questo dubbio fosse
il motivo della mia
Inquietudine, sarei
capace di cancellarlo?
Di renderlo innocuo?
Spero di sì. Rifiuto
totalmente, recisamente
uno stato di sopravvalutazione
di me. Uno stato che
ho sempre combattuto,
presumendo comprensione
nel mio prossimo, anche
quando manifestamente
non c’era, ma facendo
di tutto per ricrearla.
Dunque, inquietudine
come prova, come
pausa di riflessione?
Sì, è l’unica che potrei
sopportare senza dolore.
Autore Lorenzo.rm

Questa poesia è stata scritta da admin, il at 06:24, nella categoria: Lorenzo.rm. Lascia un tuo commento qui




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