Poesie di Eldy

il pallone

Due giacche buttate a terra a quattro passi di distanza l’una dall’altra.
I passi il più lunghi possibile di modo che la porta dell’avversario fosse più larga. Le cartelle tutte assieme ammucchiate sul marciapiedi.
Cinque contro cinque. Quattro contro quattro. Se mancava un portiere si giocava a una porta sola : all'”americana”.
Gambe violacee per il freddo coi calzoni rigorosamente corti: quelli lunghi solo ad una certa età.
Non c’era la televisione allora che condizionava i ragazzi e il calcio era seguito alla radio prima e col transistor dopo ma, principarlmente, lo si poteva giocare in qualsiasi momento, luogo, condizione,anche con la cartella dell’amico antipatico: non servivano scarpette coi tacchetti, magliette sposorizzate, palloni firmati, iscrizioni a società, prenotare campetti. Era sufficiente essere in strada in quel momento ed avere un pallone. Se la larghezza della strada lo permetteva, la serranda del salumierie era ottima come porta, per la felicità degli abitanti  dei piani superiori.
Tu no, sei troppo piccolo, potresti farti male , vedi? Sono tutti più grandi di te . Un viso imbronciato abbassato col mento a toccare il grembule nero. una lacrimuccia. Va bene dai …….. tu fai il raccattapalle.
Felice di avere il pallone di cuoio in mano correva avanti e indietro ad ogni gol, ad ogni fuori. Il prossimo anno sarebbe toccato anche  a lui di giocare con i “grandi”.
Fermaaaaaaa, Fermaaaaaaaaaaaa c’è la macchina!!!!!!
Accidenti , è la terza gia che passa  oggi!!!! Passata la macchina si riprende il gioco: fai fare i due salti…..
Come faranno a dare quelle testate a quel pallone cosi duro? Aveva le stringhe come le scarpe: con la differenza che quelle erano di cuoio e quando ti picchiava in fronte lasciava il segno. Dovevi slacciare le stringhe per gonfiare la camera d’aria che era al suo interno e serviva allo scppo una pompetta , pompetta che solo il figlio del geometra aveva perchè era l’unico ad avere una bicicletta e non giocava lui al pallone , la sua mamma non voleva che sudasse e si  sporcasse ed allora, passava da li in bici e si fermva a guardare e a farsi ammirare.
Si è giocato ancora qualche anno  in strada, poi  le auto si sono rubate tutti i “campetti”, costringendo i ragazzi a spostarsi su campetti improvvisati fuori del paese, nel campetto del prete all’oratorio, in qualche piazza, finche il viglie non ha incominciato  a multare .
Poi la televisione  ha portato il pallone in tutte le case con i suoi sponsor, i suoi giri di soldi, i suoi miraggi, i suoi giocatori nababbi che diventavano modelli di vita. E dietro loro le veline .
Ora il calcio è arrivato  in Africa : porterà miliardi e miliardi e mliardi . A chi?
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Contributo di admin, 14 giugno 2010 12:29.

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