episodio 4
Nella via del ritorno l’auto corre veloce sulla strada,le nostre mani sono strette l’un l’altra,non si arriva mai.
La mia casetta linda e pulita ci aspetta.
“Sali Nicola?” chiedo con il timore che mi risponda di no.
Lui è sempre molto indaffarato,sempre impegnato, ha poco tempo da dedicarmi e di questo io ne soffro,lo vorrei tutto e solo per me.
“Certamente Manuela!, non aspettavo altro stasera”.
Saliamo le scale tutte d’un fiato,apro la porta e ,finalmente a casa,la nostra casa ci aspetta.
Entriamo e senza accorgersene ci troviamo in camera da letto.
Una stanzetta non tanto grande ma molto luminosa con tende in pizzo alla finestra ,un grande specchio alla parete , un lettone grande con lenzuola di raso rosa con copriletto bianco e tanti cuscini sparsi un po’ qua e un po’ là.
Era tutta la sera che lo desideravamo ed ora,finalmente lì insieme in quel lettone grande,grande e tutto per noi.
Il tempo passa fra carezze e dolcezze ,parole sottili e dolci sospiri.
L’orologio gira veloce ,le ore passano,stiamo per assopirci ma,ecco,lui guarda l’ora :”Manuela amore mio devo andare”.
Ancora una volta questa frase,questa frase mi fa morire.
“No Nicola! Stanotte resta,resta per una volta,una volta soltanto”.
“Manuela ,lo sai che non posso,non rendere tutto più difficile,lasciami andare,cerca di capire”.
Ma io so ,che in cuor mio ,non voglio più così.
Mi scendono due lacrime dai miei occhi color smeraldo e i miei capelli color dell’oro tutti spettinati, mi ricadono sul viso dal dolore che mi sta dando in quel momento.
Lui lo sa ,il mio lui lo sa ,sa che io lo voglio solo per me,tutto per me, ma lui non può ancora.
Si alza,si veste ,mi guarda con i suoi occhi marroni dallo sguardo profondo e leggo un velo di tristezza nel suo sguardo,tristezza e dispiacere nel lasciarmi lì da sola e mi dice “Manuela amore mio,vado ci sentiamo,ti chiamo,Ti Amo.”
Eppure va via ed io resto lì fra le lenzuola circondata da ricordi e momenti, in quel lettone grande,troppo grande per me sola.
Mi giro e mi rigiro nel letto chiedendomi perché,perchè non sceglie me.
Dice di amarmi tanto e mi fa tanto soffrire.
In quel letto pieno di ricordi e sospiri,sola e avvilita cerco il sonno, sonno che non arriva.
Un sonno confuso e agitato per la delusione pian piano mi porta via.
Un sonno che al risveglio mi ritrova ancora lì desiderosa di lui.
( continua …)
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Ho un nipote che è affetto da una forma di autismo, e per tutti è”ALBERTO LO SCEMO” . Ogni volta che ascolto questo brano, la tristezza mi pervade tutta..e non è solo perchè penso a mio nipote ! Penso a tutti quelli? che come lui, vivono emarginati e derisi….e come dice il grande Faber “GLI ALTRI SOGNAN SE STESSI E TU SOGNI DI LORO”
alabama914 2 sett. fa 3
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questo commento l’ho letto una sera tardi, poco prima di andare a dormire.
In letto pensavo a quel ragazzo: quanta disperazione ci può essere nella sua mente.
Ho chiesto ad una insegnante: se nella tua classe avessi in bimbo che rimane indietro che fai?
Lo lascio indietro è stata la sua risposta.
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Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz’ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l’ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c’è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
“Una morte pietosa lo strappò alla pazzia”.
Un matto. di fabrizio de andrè
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IN DUE
…ogni volta, sorvegliamo la libertà mentale
e la rivediamo al sicuro tra le pareti di una strada,
indebolita da varie confessioni…
Succede
Che per la strada
Sbandiamo un po’
Con l’obliqua libertà
Una libertà
Che vuole prendersi
La parte di noi sbarazzina
La furia di noi e il ragazzino innocente.
E sono solo sul suolo
Come un uomo imbavagliato
Che lascia dei suoi occhi
Il contorno dell’età.
La libertà a volte
È così pesante
Che resistiamo in quella incoscienza
Amica libertà
E libertà di essere nemici.
Tutti riempiamo bagagli di noi
E impiliamo una sull’altra esperienze.
Testardaggini
Come la prima volta
Che gravitiamo liberi
Perché di tempo ce n’è
Per fermarsi al perdono
Asceso.
E poi
La gente fuggiasca e via
Così all’improvviso
Andata di segnaposto
A ricominciare i vent’anni
E poi
Succede
Che abbiamo saputo mendicare di noi
Uno schianto al cuore
Nel bivio più imbrigliato.
E sono solo un uomo
Rapito dalla libertà
E dall’interrogatorio…
Come se fossimo in due.
di Maurizio Spagna
Da “Il cuore degli Angeli”
L’ideatore creativo,
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-
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Cosa ci posso fare se non ho le braccia del marinaio.
Che ci posso fare se in fondo alle braccia non ho le mani del muratore.
E ho un pugno duro che sembra un nido,
e il torace che è largo un dito, giusto per nascondermi vestito dietro un filo.
E vado in giro a cercare i soldi a chi se li tiene, ai debitori, e glieli domando timidamente, ma in mezzo alla gente.
E a quelli che non sentono ragioni, quelli con i quali sembra di starnutire contro il tuono, mando a dire che il vivere è caro, ma con i soldi degli altri è facile.
Io sono una “pittima rispettata” e non andate in giro a raccontare……
Che quando la vittima è un poveraccio……..gli do’ del mio!
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La pittima era di solito un povero derelitto a cui il comune dava l’incarico di chiedere insistentemente i soldi ai debitori e lo poteva fare in pubblico.
Liberamente tradotto dalla canzone in dialetto genovese di Fabrizio de Andrè “a’ pittima”
http://www.youtube.com/watch?v=3DgzBewgVf8
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T’ho visto nascere albero,
poi siamo diventati grandi assieme.
Un giorno costretto mi allontanai da te,
come vedi ora son qui con te
a fantasticar i bei giorni passati.
Non ho dimenticato
che scrissi su di te
tutti i miei amori
fioriti con te.
Dai albero non ti lamentare ,
lo so che sei sempre qua
vorresti cambiare prato,
incontrare altri simili a te.
Le tue radici son forti e profonde,
ti svesti in autunno dalle tue foglie
e in primavera tagliando dei tuoi rami,
ricresci ancora più rigoglioso.
Invece io se ho i denti mi manca il pane,
vorrei avere io i tuo cent’anni .
Stai li albero, ti annaffierò
fin che vivrò !
Autore: Miki
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