Poesie di Eldy

il primo amore non si scorda mai

 

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“Dai! alzati dormiglione e non ti presentare a tavola se non prima ti sarai lavato!”
Come un ritornello queste parole, puntuali, tutte le mattine riecheggiavano nella mente. Era mia madre che, dopo aver preparato il latte, veniva a svegliarmi. A quell’età era un gran tormento doversi alzare. Avevo sempre sonno, non ero mai sazio, mi alzavo assonnacchiato e quasi sempre stanco. Il continuo e frenetico giocherellare durante quegli interminabili pomeriggi che, spesso e volentieri, si prolungavano fino a tarda sera, lasciavano il segno, in noi ragazzi. Ricordo infatti, che ero perennemente in ritardo la mattina e  i miei amici, non perdevano occasione di chiamarmi gridando, a gran voce dal cortile, Tante volte li avevo pregati di non farlo perché, oltre ad essere poco riguardoso verso i vicini, sarebbe stato un motivo in più per mia madre per ricominciare con i soliti rimproveri. E sinceramente, la cosa non era per niente piacevole. La scuola, per giunta, non era distante, non ci sarebbe voluto molto ad arrivare. Nel tentativo di recuperare qualche secondo prezioso, tantissime volte abbiamo improvvisato la classica sfida a chi arrivasse per primo davanti al portone della scuola. Ogni scusa era buona, ogni occasione si prestava a creare motivo d’interesse e di divertimento. Marco, era quello che arrivava puntualmente per ultimo, una mattina più incavolato del solito, rivolgendosi verso di noi, in particolar modo verso me, con quella voce rauca che venire fuori a stenti per l’ affanno: “Ho l’impressione che lo fate apposta ad essere sempre in ritardo, specialmente tu Mimmo, ci tenete a dimostrare quanto siete bravi e veloci, ma da domani io me ne vado da solo, così finisce questa ridicola corsa di tutte le mattine”
In quel momento pensai che effettivamente aveva ragione, sapevamo quanto era lento nella corsa, in più, sua madre pretendeva che portasse nella cartella tutti i libri di testo, e poveretto faceva fatica a correre. Quelle parole mi entrarono in testa martellandomi la mente. Capì, effettivamente, quanto ancora fossimo ragazzini e quante cose facevamo, seppure ingenuamente, non rendendoci conto che potessero far del male, come quella di deriderlo tutte le mattine. Avevo circa 14 anni e frequentavo la terza media. Crescevo bene, in salute e senza grilli per la testa. Non ero tanto alto, ma già da allora possedevo un fisico atletico. Occhi verdi, vispi e espressivi che si muovevano freneticamente, attenti a tutto ciò che girava intorno a me. Quell’anno è stato contraddistinto da episodi che hanno dato una svolta alla mia vita. Stavo crescendo e non mi rendevo conto, stavo attraversando quel periodo della fanciullezza senza accorgermi. Stavo diventato un ragazzo interessante e, se non fosse stato per quella compagna di scuola, non me ne sarei reso conto così presto, forse, sarei rimasto, chissà per quanto ancora, in quella fascia di fanciullezza spensierata .”Ciao Mimmo!! -il mio vero nome è Domenico, ma mi hanno sempre chiamato Mimmo- Posso parlarti?“ Cosa poteva volere questa ragazza da me, la mia mente non riusciva a collocarla in qualche circostanza, in qualche interesse comune, cercai di ricordare, ma niente, non veniva proprio niente alla mente che potesse darmi qualche indicazione. Era una compagna di scuola, una delle più belle dell’istituto, forse una delle più interessanti. Sembrava più grande dell’età che aveva, ma con quel suo modo di fare da vera snob, non aveva attirato grande interesse da parte nostra, pur riconoscendo che, in effetti, era già una bella donna. ”Si, dimmi Antonella, che è successo? Hai bisogno di qualcosa? Forse qualcuno ti ha disturbato?” In quel momento mi caricai di tanto orgoglio, come se aspettavo, da un momento all’altro, che mi dicesse di sì, e di voler essere difesa da me, mi senti grande, un ometto di rispetto, pronto ad intervenire in qualche questione come un uomo d’onore.
“È vero che vuoi mia sorella per fidanzata?”  Quelle parole buttati li, così a bruciapelo, mi hanno reso interdetto per brevi attimi, non seppi cosa dire, rimasi pietrificato, come un bambino che aprendo gli occhi rimane esterrefatto da una strabiliante visione e, nello stesso tempo, aggredito da un senso di paura per qualcosa a lui, sconosciuta . ”Che va dicendo questa, io, a sua sorella, ma se la conosco appena, forse questa mattina si sarà svegliata con un diavolo per capello, oppure ha intenzione di prendermi in giro“.   Questi pensieri invadevano la mia mente, quando, incalza nuovamente: “Allora, aspetto una risposta, ti vuoi decidere, per favore? Non far finta di niente, come se cadessi dalle nuvole!” Esclamò a gran voce. Passati quei primi minuti di smarrimento, mi sono ripreso ricordando dell’offerta d’aiuto fatta precedentemente e, sulle ali di quel contegno da uomo di rispetto, gli risposi con tono: “Ebbene sì! Sì, tua sorella mi è simpatica, è pure bellina e non trovo nulla di male a provare un interesse verso di lei! Ci sarebbe qualche problema?” Ad essere sinceri, non era vero niente, mi sentivo ancora un ragazzino intento a giocherellare con gli amici, non avevo mai pensato a niente del genere. Addirittura, non sapevo neanche da che parte iniziare. In tutta onestà, avevo pure un po’ di tremore alle gambe. Sapevo d’averla fatta grossa ma, a quel punto, non potevo più tornare indietro. Oramai ero costretto ad andare fino in fondo. In quel momento squillò la campanella. “Dio ti benedica! non poteva squillare in un momento migliore” -pensai nella mia mente. Fu provvidenziale, mi ha salvato da quel confronto e, adottando un’aria di sicurezza e di spavalderia esclamai: ”Scusami, questo è un discorso che sarà portato a termine dopo, all’uscita dalla scuola, adesso, per favore, andiamo, entriamo in classe, io non ci tengo ad essere rimproverato”.  Se a mia madre fosse arrivato alle orecchie qualcosa del genere,chi l’avrebbe più fermata. Sicuramente mi avrebbe fatto alzare dal letto, almeno una mezzora prima. “La piantai li, su due piedi e mi precipitai dentro. Il cervello si mise a frullare, non sapevo cosa fare, a chi chiedere conforto, oppure qualche consiglio, la vergogna di apparire ridicolo mi bloccava, non volevo farmi conoscere come un ragazzino. Non riuscivo ancora ad accettare che ero cresciuto, che mi stavo facendo un bel giovanotto, tanto da suscitare l’interesse  dell’altro sesso. Infatti, credo che tutto fosse  partito dai quei discorsi che le ragazze, di solito, si fanno tra loro, quella specie di statistiche a chi era il più bello, il più interessante tra i compagni di scuola e, verso chi dovevano, poi, essere rivolti i loro interessi .Un po’, gli stessi discorsi che ci facevamo noi maschi  all’insegna delle donne.  All’uscita, ancora un po’ timoroso, mi sono avvicinato al loro gruppo. Insieme a loro due c’era una compagna di classe, la quale, oltre ad essere brutta, era una maledetta invidiosa, non godeva della simpatia né mia né dei miei amici. Per questo suo modo antipatico di proporsi, tantissime volte l’avevamo beccata e tra noi non era mai corso buon sangue. Fortunatamente capì subito l’antifona, oppure era stata preventivamente informata, e tagliò subito la corda con un plateale saluto: “Ciao Antonella, ciao Katia , ci vediamo domani, telefonami! mi raccomando?” .”Finalmente”! esclamai nella mia mente. Ciao Katia, hai parlato con tua sorella? “Si! mi ha detto tutto e tu, che dici?” “Io, dico di si, è tutto vero, mi vuoi per fidanzato?” La bruciai sul tempo, non gli detti neanche il tempo di riflettere, subito gli sparai ciò che mi ero ripetuto continuamente in classe. Era veramente una bella ragazza, più la guardavo più mi rendevo conto che, effettivamente, era molto bella. Un po’ formosa rispetto alla sorella, anche un po’ più bassa, ma dai lineamenti da gran bambolona. Poi, quell’aria di snob che ,innocentemente, si dava, accresceva un interesse ancora maggiore. Si, era bella, poi, con quei capelli lisci di un castano chiaro che le scendevano lungo la schiena, e quegli occhi da piccola ingenua gli davano un espressione così dolce, così pura che era ,veramente, impossibile non essere affascinati. Senza rendermi conto incomincia a vederla con occhi diversi, come se la stessi vedendo per la prima volta. Tutto in una volta mi sentì felice, nel frattempo ero tornato in possesso della mia sicurezza, malgrado ciò, non riuscivo a saper spiegare cosa, in quel momento, mi stesse succedendo, non stavo più nella pelle, come per incanto tutto scomparve dalla mia mente: gli amici, Marco con le sue lamentele, le cavolate che combinavamo, il gioco nel cortile fino a tarda ora, la scuola con tutti i suoi insegnanti. L’unico pensiero era rivolto a quel benedetto momento in cui dissi quella bugia a sua sorella (la quale, nel frattempo, era andata leggermente avanti lasciandoci da soli). Non mi parve vero, tutto appariva come un sogno, un bellissimo sogno dal quale avevo paura di svegliarmi  troppo presto. Quello, invece, fu l’inizio di una bellissima storia d’amore, forse la più bella in assoluto. Essa ha aperto le porte di una meravigliosa dimensione, mai conosciuta fino ad allora. Fu vissuta intensamente, contornata da spontaneità e purezza da due persone di 14 anni che non avrebbero potuto viverla diversamente in un contesto dove i grandi valori, i sani principi erano fortemente sentiti e vivi. Ancora oggi mi ritorna in mente, riportandomi indietro nel tempo. Una grande storia, forse, il vero “Amore” indimenticabile. Anche se è durata il tempo di un anno scolastico, ma nel mio cuore non è mai scomparsa.  Il suo ricordo, il suo dolce viso è sempre nei miei pensieri, esso mi tiene compagnia durante le mie giornate. Il destino, pur se abbiamo intrapreso cammini diverse in tutti questi anni, si è preso gioco di noi, facendo incrociare, spesso e volentieri, le nostre strade, permettendoci così, di mantenere nel tempo, quantomeno, quella grandissima amicizia.
autore :domè

Contributo di admin, 12 giugno 2010 13:48.

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