Quando il pensiero si ferma per seguire una immagine nitida come una fotografia ,dolce e patetica, come quelle vecchie cartoline del passato, tutte oleografia , coi colori dati a mano, troppo forti per essere reali, il ricordo ti prende la mano. Eppure è in quelle luci fisse della memoria ,che nascono le sensazioni più dolci della mia giovinezza. Una di queste è la piazza della stazione centrale di Milano,con lo svettante grattacielo Pirelliano, appena costruito, lustro come lo stemma di una Lancia. Uscivo da quel grande scatolone di marmo e cemento mal riposti ,che è la stazione e mi trovavo nei giardinetti ,tra lo sferragliare dei tram , attendevo con pazienza quello che mi portava all’Hotel Roxi . Allora, circa quarantacinque anni fa , erano i miei primi approcci con Milano, città tentacolare, città da mal di stomaco ,città proibita per chi veniva dalla provincia. Erano soprattutto le sere tutte luci e vetrine ,perché a Milano le sere sono anche luci e vetrine , non c’è sempre la nebbia, anche se sporchi il fazzoletto di nero tutte le volte che ti soffi il naso. Andavo, mi ricordo, al teatrino “alle Maschere”,zona Brera, cinquanta posti più la balconata ed io ero proprio in quella padella di cemento con seggiolini scomodi e col balaustro tondo e lisciato da mani umide e calde. Il sipario si apriva d’incanto illuminato da un riflettore azzurrino , si sentivano sussulti e colpi di tosse e poi come in una visione entrava lei , Marusca , Valeria , Lucy , chissà quante altre , ma sembrava sempre la stessa, con quei movimenti da puttanella da pochi soldi , ma con culetti da cardiopalmo e via che cadevano veli e battevano mani e si fischiava e si vociava, altro che luci rosse d’adesso, quelle erano esperienze. Lei si agitava sulla sedia e bastava una bottiglia, fallico messaggio, per fare andare tutti su di giri , se già non lo eravamo abbastanza . Si usciva contenti ,come scolaretti dopo aver marinata la scuola . Io tornavo all’Hotel Roxi ,piano piano, lungo le strade tranquille di una Milano da cartolina , qualche battona , un paio di ubriachi e tante stelle in cielo, ma tante. Contavo i ciottoli puliti e umidi e ogni tanto incontravo un “trani” che fumava come una vaporiera o un ristorante ,con tanta roba esposta che sembrava un negozio di frutta e verdura. E gli alberi alti e forti come grandi gazebo, illuminati da sotto da lampioni irreali, poi arrivava il tram , tutta ferraglia che mi portava a dormire. Ora ,quando so che devo andare a Milano ,sto male una settimana prima, danno la colpa ai troppi marocchini di tutte le nazionalità, per me sono passati quarantacinque anni e la mia Milano da cartolina non può proprio più ritornare.
autore:francomuzzioli:
Contributo di
, 2 gennaio 2010 21:33.