Un piccolo bar puzzolente di fumo, eravamo li ogni sera,
tra chiacchiere, risate, e il tintinnio del flipper che non smetteva mai.
Alle 22.50 tutti facevamo rientro in caserma e, finalmente,
quel bar chiudeva i battenti.
Ogni sera, tra un bicchiere di birra e un panino ti vedevo arrivare,
eri come una fata, la fata dei sogni di tanti ragazzi, eri bella nei tuoi vent’anni,
coi tuoi capelli corvini, i tuoi occhi scuri, eri bella davvero,
con quelle gambe accavallate mentre bevevi il tuo succo d’arancia, eri bella. Quando qualcuno ti offriva una sigaretta e tu l’accettavi,
vedevo il tuo viso tra i cerchi di fumo,
di tanto in tanto incrociavo il tuo sguardo, poi, abbassavo il viso.. .
Tutti erano intorno a te e, tanti erano i fortunati, che tu,
ogni sera sceglievi per farti accompagnare a casa.
Osservavo ogni tuo movimento, ogni tuo sorriso,
ti vedevo uscire dal locale sempre con qualcuno diverso della sera prima,
non capivo perché lo facevi, sul tuo conto giravano mille voci,
il tuo nome era culo allegro per tutti, tranne per me, che me ne stavo in disparte,
chiuso nei miei pensieri.
Tranne qualche collega, aggregato come me, tutti, ci evitavano con rispetto, eravamo quelli dell’Albatros, gente strana, malati di testa, persone da tenere alla larga.
Quella sera giocavo a flipper, una sera come tante piene di fumo e caffè,
il solito tra tra di voci, col jubox che suonava, entrò qualcuno di corsa ,
era un allievo del trentottesimo, divisa strappata,il sangue che usciva dal naso,
il viso tumefatto, tutti zittirono, la porta si aprì ancora e fecero irruzione cinque marinai americani,
erano quelli della LIittle Rok.. – PICCOLA ROCCIA -gente condannata che,
per non andare in galera, veniva arruolata nella marina statunitense,
Erano ubriachi, sbraitavano qualcosa d’incomprensibile, la rissa scoppiò istantanea,
tavole sedie bottiglie volavano da tutte la parti,
neanche mi resi conto mentre colpivo a destra e a manca,
che qualcosa di caldo mi colava dal braccio, era il mio sangue,
una bottiglia rotta mi aveva centrato.
La rissa continuò per parecchi minuti, fino a quando spuntò un coltello,
era fra le mani di un americano, vidi la lama conficcarsi nell’addome,
tutti eravamo atterriti, ci fermammo mentre il nostro collega si accasciava a terra.
Gli americani a quel punto scapparono, no! non poteva finire così.
Io e gli altri dell’ Albatros, ci guardammo in viso e l’inseguimmo in una corsa sfrenata,
finimmo in un vicolo, ancora calci e pugni e di nuovo quel coltello,
che volteggiava minaccioso nell’aria, tirai fuori a quel punto,la “Beretta”,
ma non ebbi il tempo, un colpo secco ruppe l’aria, il marinaio americano cadde a terra,
col sangue che gli usciva da una gamba, gli altri alzarono le mani arrendendosi,
qualche istante dopo ti vidi uscire da una porta, nel vicolo, mi guardasti negli occhi,
fu solo un attimo poi le tue braccia mi si buttarono al collo,
piangevi, tremavi come una foglia, ti strinsi è tutto finito dissi, finito..
Mi baciasti sulle labbra, fu allora che capii.
Io non ti avevo mai offerto una sigaretta, non ero mai uscito con te, non ero un tuo giocattolo,
eppure, mi avevi baciato e piangevi per me, io, uno dell’Albatros.
Arrivarono le forza dell’ordine, l’autoambulanza, la gente faceva capannello, arrivarono anche quelli del ‘MP – Military Police –
Ti salutai con la mano mentre un infermiere mi guardava il braccio, ti salutai così,
non ti avrei più rivisto, sarei partito in nottata per altra destinazione,
ma, ero felice di non essermi sbagliato, che, forse, non eri solo culo allegro.
Autore:francesco7.pv:
Contributo di
, 11 dicembre 2009 17:20.
francesco,un’altra pagina di vita vissuta.Nei tuoi scritti si nota la grande capacità di unire fatti tragici a sentimenti umani delicatissimi.Qui inizio di serata serena , tranquilla ,un po’ “elettrizzata” da un donna soprannominata con un epiteto da caserma, poi fatti tragici e sanguinolenti.Finale: la ragazza, che sembrava così sicura e forte, dimostra in pieno la sua umanità che non rispecchia certo il soprannome ” culo allegro” . Sei veramente molto bravo!!!