Ti chiamerò Sarah.
Come la tua gatta.
O anche la mia?
Quando ti sei accorta
che la donna non è
un fortilizio da espugnare,
un castello da cingere
d’assedio e conquistare?
Un territorio da difendere
con le unghie e coi denti?
Ieri, oggi,
presto, tardi?
E’ un piacere,
confondendo i tempi,
vederti muovere,
dirigere, ordinare,
disciplinare,
dare direttive,
mettere a posto i molesti,
indirizzare i timidi,
disprezzare i bugiardi
ed i perditempo.
E’ un piacere
Indagare, indovinare
i tuoi pensieri profondi,
i motivi dei tuoi sguardi fuggenti,
delle tue malinconie.
Pesa il fastidio, il dolore
di chi, volente o nolente
si sente in guerra col mondo.
Di chi tuttavia vuole esprimere
Il mare di dolcezza in cui è immersa.
E non sa come fare, cosa fare.
Forse il tuo improvviso tremore,
uno sguardo inaspettato
che si fissa e fa capire
il bisogno di un contatto
più vivo, più vero,
meno episodico.
Ah, che gioia cogliere
quello sguardo,
cedere ad un invito subito negato,
insistere e raccogliere
nel cavo di mani affettuose
lacrime mai piante,
desideri sempre nascosti,
affetti desiderati e mai raggiunti.
Sono miracoli, questi, Sarah.
Come l’incanto di una notte
dai neri colori ravvivati da
bagliori di luce e poi,
di un mattino in cui anche
la colazione può diventare
un rito. Di un tramonto senza angoscia.
Di una sera da non aspettare
con inquietudine.
Con il passaggio dalla quiete
di uno sprofondo all’incanto
di un paradiso. Forse mai cercato
e tuttavia fortunatamente conquistato.
Autore: Lorenzo.rm
Contributo di
, 27 agosto 2009 08:11.