Molti anni fa, nelle case di montagna non c’erano i termosifoni, l’unico riscaldamento era il fuoco o una stufa a legna. Ma il fuoco si sa, come diceva mio padre, ti brucia il viso e ti si ghiacciano le spalle. Poi, il focolare non era in tutte le stanze, ecco che si doveva riscaldare il letto, almeno ai bambini, con la borsa dell’acqua calda o altri rimedi.
La Maria, una bella donna rimasta giovanissima vedova e sola, per la gente del paese era una persona seria e rispettata. La tramontana soffiava forte e il freddo si faceva sentire. La Maria incontra l’Antonia e scambiano qualche parola. Dice la Maria all’amica:
< E’ tre giorni che tira questo vento gelido, ma a me non fa paura, ieri sera avevo il prete nel letto, e mi ha scaldato dai piedi alla testa. Pensa che, ad un certo momento della notte, l’ho dovuto allontanare con un ginocchio perché mi faceva caldo, sudavo! >.
L’Antonia la guardava negli occhi senza fare domande. Ma come, la sua amica Maria, così seria, riservata, mi dice queste cose come se fossero barzellette? Se lo racconto a mio marito non ci crede neanche se mi metto in ginocchio. Ma non posso tenermi dentro un segreto così delicato, grave, ma a chi lo racconto. Non posso certo dirlo al prete, neanche nella confessione, e se fosse lui, il prete della Maria ?
Passano alcuni giorni, il vento gelido si calma, la domenica la Maria va a Messa e incontra di nuovo l’Antonia. Questa si meraviglia di vedere l’amica che va in chiesa e sussurra fra se: “ ma la messa la dice il prete, e lei? Lei ha la faccia tosta di prendere anche la comunione dalle mani del prete? Quel prete che l’ha scaldata tutta la notte? L’ha detto lei! Se non me lo avesse raccontato stavo meglio, non sapevo nulla, ma ora…”
La Maria si avvicina all’amica e la saluta con gioia:
< Buon giorno Antonia, stamani non è freddo, ho messo il prete in soffitta e ho portato lo scaldino con la cenere ai fiori nell’orto. Si, mi ha scaldato per tre notti e sono stata molto bene. Verrà anche la primavera. Te con cosa lo scaldi il letto ai bimbi?>
Solo in quel momento le nubi sparirono dal suo cuore, aveva ritrovato l’amica di sempre. Capì e si ricordò che il trespolo, si chiama anche prete. Ha solamente la forma diversa.
Questa volta sono veramente Il Maledetto Toscano – Giulio
Contributo di
, 13 dicembre 2018 22:23.
Apprezzo la tenacia di Francesca, ma mi sembra di essere -fuori casa- ad aspettare che qualcuno apra la porta.Mi sembra di avere le “ali bloccate”, dove si rachiude il tutto, in un piccolo spazio. Con questo non voglio offendere gli Amici di Poesia, No! Ma la narrativa deve avere il suo sfogo, la sua pista, il suo voler NARRARE. Anche la forma ha la sua importanza, i suoi “respiri” le sue immagini nascoste fra i capitoli.Io, e scusate per questo -IO-, che vengo dal mondo giornalistico, dove colui che scrive si sente gratificato anche dalla forma, mi sento messo strepizzato in un angolo in attesa di cosa ? No ! Non ci stò. Cara amica Francesca, quello che hai postato, sarà il mio ultimo intervento. Non sono certamente una penna nobile della letteratura, ma ho e voglio avere la mia Libertà di Stampa come si conviene. Ringrazio tutti e tutte per la stima che avete dimostrato nei miei confronti in questi anni. Ho fatto conoscere Eldy in molte circostanze letterarie e, molti seguivano quelle pagine. Amministratori mi invitavano per ringraziarmi di aver fatto conoscere la Versilia e, in particolare l’Alta Versilia-…Spesso la cronaca locale dei Quotidiani, mettevano frammenti di quanto da Voi pubblicato. E questo mi onorava e Vi onorava.Altri, attraverso Internet, scaricavano articoli e immagini postate da Francesca. E mi fermo perchè la rabbia di impone di non continuare per evitare frasi che potrebbero offendere. All’Amica Francesca un caloroso abbraccio , o come dice Lei Stritoloso. Se vieni in Versilia , sai dove trovarmi. Un abbraccio a tutti.
Caro Giulio se volevi farmi ridere ci sei riuscito, il prete nel letto! vedi lo si chiama prete anche da noi o forse è meglio dire lo si chiamava, perchè oggi chi lo conosce più? Ma queste amiche sono davvero maliziose. Non sei il maledetto toscano, sei uno che dice la verità a volte scomoda!Un saluto con un abbracio ciao
Il quiproquo era automatico con il “prete a letto”. Io cittadino nell’immadiato dopoguerra andavo a letto con la cuffia di lana e…”il prete” ,era duro scaldarci ,legna in città non se ne trovava, per fortuna il papà comprò una Warm morning che andava a carbone , quello si trovava e si riusciva a scaldare un poco la casa . Per precisione mi pare che il “prete” era il trabicolo di legno piegato e la “suora” era il bracerino di ferro che si metteva in mezzo, quindi mènage a trois , io /suora e prete ….che lavovoooo direbbe il topino del Parmigiano reggiano (l’erre moscia dei parmigiani è un’altra storia che vi racconterò ).
vivire anche anche in altra comunità come poesie, è come nascere di nuovo, a Giulio dico che ritornarti a leggerti è sempre un piacere, molto divertente il racconto
Ricordo due filastrocche di quando ero bambino che si usavano cantilenare facendo la conta per scegliere chi doveva fare una certa cosa a seconda del gioco che si sceglieva di fare.
La conta andava per eliminazione: chi rimaneva per ultimo era quello a cui toccava l’ingrato compito di cercare chi si nascondeva, rincorrere chi scappava, di stare fuori del gioco perchè si era in troppi, per chi doveva iniziare per primo o essere ultimo in una determinata cosa.
Raramente la conta era motivo di litigio, per questo la consiglierei ai politici moderni, anche se tra di noi c’erano quelli più smaliziati che avevano capito che le conte avevano cadenze matematiche ed era sufficiente scegliere il posto più adatto per non essere ne il primo e mai l’ultimo….. infatti la conta la proponevano furbamente sempre gli stessi.
La conta aveva un’aura di ufficialità alla quale nessuno doveva sottrarsi e nessuno aveva diritto di contestare, pena l’allontanamento dal gruppo.
Per il nascondino (zœghemmo a ascondise) l’ultimo uscito dalla conta doveva, appoggiato al muro, coprendosi la faccia per non vedere i compagni sparire, doveva ” pondere” ( a chi tôcca pônde ?) contando fino a cento per dare il tempo ai compagni di trovere un posto no troppo lontano dove potersi nascondere. Finito di contare doveva con moltissima cautela
andare a cercare i compagni nascoscosti, scovarli e tornare velocemente al punto della
” ponda”gridando il nome del compagno scoperto prima che arrivasse lui a toccare il muro gridando “libero”.
E cosi per tutti gli altri.Chi riusciva ad arrivare al muro senza essere scoperto aveva la facoltà di urlare LIBERI TUTTI !!! e chi era stato scoperto prima era cosi liberato.
Se l’ultimo liberava tutti, lo stesso di prima doveva ripetere la ricerca spesso con lo scherno dei compagni.
una delle filastrocche che ordinavano tutto questo era:
PIM PIRRIPPETTA NOXE,
PIM PIRRIPPETA, PAN
Il battitore la cantava battendo coi suoi pugni sui quelli dei compagni messi in circolo con le braccia tese che ne lasciavano cadere uno ogni volta che la filastrocca finiva sul PAN e finiva alla caduta di tutti i pugni compresi i suoi.
Altra filastrocca era:
an blen blen sicuterun blen……
e proseguiva in una sorta di latino maccheronico che purtroppo non ricordo.
Allora da bambini si poteva ancora giocare in strada senza pericolo, oggi purtroppo….
Sono fortemente dispiaciuta per Giulio. Credevo di far bene seguendo i consigli e i desideri di diversi utenti, ma ho sbagliato. Chiedo umilmente scusa a Giulio per essermi arrogata il diritto di pubblicare un suo pezzo in questo blog, non consono ai suoi scritti che, sicuramente, meritano una visibilità più idonea e adatta al loro contenuto. Accolgo il suo desiderio e non pubblicherò più suoi post in questo blog.
Trovo strano il comportamento di Giulio ed encomiabile quello di Francesca , che differenza c’è tra “incontriamoci in poesia” da “incontriamoci” ? Lo spazio è lo stesso ,la possibilità di fare “giornalismo” mi pare che sia lo stesso . Forse caro amico non hai compreso bene ! Poi in Eldy abbiamo sempre socializzato più che far cultura ,proprio perchè TUTTI potessero “dir la loro “, con quella freschezza e quella semplicità che anche chi ha fatto giornalismo può avere (anzi ha strumenti maggiori per “scrivere” e farsi capire). So che rivedrai i tuoi giudizi anche perché di “maledetti toscani” in giro non ne ho visti altri . Continua a deliziarci con i tuoi racconti ,con le Apuane e con la Versilia e non privarci di una amicizia che certamente ci mancherà…e tanto.
Francesca, sapevo di non essere compreso. I miei scritti E chi sono io? Non è questo che volevo comunicare, non ci sono riuscito, mi dispiace.Te, non devi chiedere scusa a nessuno. Buon Lavoro.
Volevo dire, che i miei scritti, non meritano una: Non è questo il motivo.
Mi sorge un dubbio: Non è che tutti i contrasti e le contrapposizioni che sta vivendo il Governo al suo interno e nei confronti dell’Europa siano arrivati anche nella nostra piccola ELDY?
Rivolgo un invito per tutti, per cortesia guardate di più alla SOSTANZA e non alla FORMA, in fondo anche il racconto di Giulio può essere poesia per chi legge con spirito leggiadro, soave e volitivo.
A Francesca dico che quando prende una decisione deve avere (e ce l’ha) anche la forza di saperla mantenere per portare avanti le proprie idee, mentre a Giulio posso dire che può continuare ad essere toscanaccio ma che anche i toscanacci più duri hanno un cuore con un lato umano che lui ha tirato fuori ogni fuori ogni volta che è stato necessario.
Mi auguro che PARLIAMONE e INCONTRIAMOCI riprendano presto la loro funzionalità ma nel frattempo viviamo il contingente: a mali estremi, estremi rimedi, altrimenti si rischia che ad affossare Eldy siano proprio quelli che dicono di volerla salvare. Un saluto per tutti, in attesa di tempi migliori. Ciao.