Dedico questo saluto all’amica Maria. E’ uno stralcio, molto profondo, della malinconica nostaglia di Fernando Pessoa, un poeta che ho amato molto.
Saluto tutti coloro che mi leggeranno,
togliendomi il cappello a larghe falde,
quando mi vedono sulla mia porta
appena la diligenza spunta in cima al colle.
Li saluto e auguro loro sole,
e pioggia, quando la pioggia è necessaria,
e che nelle loro case, presso
una finestra aperta,
ci sia una sedia prediletta
ove possano sedersi leggendo i miei versi.
E che leggendo i miei versi pensino
che io sono una cosa naturale:
quell’albero antico, per esempio,
sotto la cui ombra si sedevano da bambini,
con un tonfo, stanchi di giocare,
e si asciugavano il sudore della fronte accaldata
con la manica del grembiule a righe.
Fernando Pessoa
Contributo di
, 3 giugno 2015 14:12.
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Poesie di Fernando Pessoa
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L’abisso
Tra me e la mia coscienza
c’ è un abisso
nel cui fondo invisibile scorre
il rumore di un fiume lontano dai soli,
il cui suono reale è cupo e freddo –
Ah, in qualche punto del pensare della nostra anima,
freddo e scuro e incredibilmente vecchio,
in se stesso e non nella sua dichiarata apparenza.
Il mio ascoltare è diventato il mio vedere
quel sommerso fiume senza luogo.
Il suo rumore silenzioso libera sempre
il mio pensiero dal potere del mio pensiero di sognare.
Una temibile realtà appartiene
a quel fiume di mute, astratte canzoni
che parlano della non realtà
del suo andare verso nessun mare.
Ecco! Con gli occhi del mio sognato sentire
io sento il non visto fiume trasportare
verso dove non va tutte le cose
di cui è fatto il mio pensiero – il Pensiero
in Sé, e il Mondo, e Dio, che
fluttuano in quell’ impossibile fiume.
Ah, le idee di Dio, del Mondo,
di Me stesso e del Mistero,
come da uno sconosciuto bastione colpito,
scorrono con quel fiume verso quel mare
che non ha raggiunto né raggiungerà mai
e apparterrà al suo moto legato alla notte.
Oh, ancora verso quel sole su quella spiaggia
di quell’ inattingibile oceano!
Apri a chi non bussa alla tua porta
Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi
alla porta irreale del cielo.
Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta
FERNANDO PESSOA